La stagione estiva è quasi alle porte,chi è alla prima esperienza entrerà in un magico mondo,e sicuramnete si starà ponendo tante,ma tante domande...una delle domende più frequenti che ho trovato è:come si fà mini club,e come si fà la responsabile del mini club? Partiamo da un concetto fondamentale,il settore dei bambini,all'interno dei villaggi e quello più importante.Le famiglie vogliono che i bambini stiano bene,quindi se il mini club funziona la vacanza và da sè.
Proprio per questo motivo è importantissmo entrare nel mondo del MINI E MAXI club con la VOGLIA E L ENERGIA GIUSTA DI AFFRONTARE OGNI GIORNO IL SORRISO DEI BAMBINI CHE DA TE SI ASPETTANO DIVERTIMENTO.
Credo che sia una PASSIONE CHE VERAMNETE IN POCHI POSSIEDONO FARE L ANIMATRICE AL MINI CLUB.
OGNI GIORNO E' UNA SFIDA CON SE' STESSI E CON GLI ALTRI E' LAVORO DI MENTE,NON CI SI PUO' PERMETTERE IL LUSSO DIMPERDERE LA CONCENTRAZIONE.
SE LA SERA ARRIVI SFINITA MA ORGOGLIOSA DEL LAVORO SVOLTO ALLORA CE' LA STAI METTENDO TUTTA.
Prima di arrivare a fare la RESPONSABILE DEI MINI CLUB,ho studiato,poi ho iniziato a fare feste di compleanno,facevo animazione in centri di dispersione giovanile,ho organizzato centri estivi e colonie estive e gestito ludoteche OGNI VOLTA ERA UNA SFIDA NUOVA...OGNI VOLTA MI METTEVO SUI LIBRI A CERCARE NOVITA',PROVAVO IN CASA I LABORATORI,LA MIA MENTE IN CONTINUO MOVIMENTO PER NON CREARE INTORNO A ME LA NOIA DI RIPETERMI.
E questo mi accade tutt ora ogni stagione è una NUOVA SFIDA,mi aggiorno,leggo,cerco il meglio,rifaccio per ogni villaggio un programma PER UN ESIGENZA MIA PERSONALE DI CRESCITA,CREDO CHE SIA UNA VOCAZIONE...
SOPRATTUTTO FARE LA RESPONSABILE MINI CLUB NON SIGNIFICA CAMMINARE TRE METRI DAL PAVIMENTO PER IL RUOLO CHE SI RICOPRE,MA ESSERE UMILI E SENTIRSI NOMINARE PER IL LAVORO CHE SVOLGI.
Un giorno una mia cara collega mi ha chiesto se sentivo ogni tanto l esigenza di cambiare settore....io gli ho risposto di NO. Quello è il mio mondo organizzare far divertire i bambini..senza mai cedere alla stanchezza e alla noia,se si sente l esigenza di cambiare settore,se si è svogliati,se non si ha grinta allora non siete nel posto giusto.
Ho conosciuto un pò di ragazzi e ragazzi che hanno collaborato con me,avvolte sono stata anche molto dura con loro,quando non vedevo impegno,voglia,e vi assicuro che forse solo in TRE avevano veramente voglia di STARE NEL MINI CLUB.SEMBRA UN PARADOSSO MA QUEL MONDO NON E' GIOCO.E' SORRISO SEMPRE E TANTO TANTO IMPEGNO.
Chi affronterà quest'anno la prima stagione il consiglio che dò è quello di apprendere quanto più possibile da chi nel campo ha già un pò di esperienza,di chiedere fare domande,di esplorare.
Per chi invece affronterà la sua prima stagione da responsabile mini club:IL MIO CONSIGLIO E' QUELLO DI METTERSI DAVANTI A UN BEL FOGLIO BIANCO E SCRIVERE UN BEL PROGRAMMA,cercando libri,novità,e tanto altro non lasciate tutto al caso....RICORDATE FATE PARLARE DI VOI PER IL SORRISO E IL LAVORO CHE SVOLGETE.
LA MIA NUOVA SFIDA SI STA' AVVICINADO I MIEI LIBRI SONO TUTTI APERTI...E L ADRENALINA SALE!!!!BUONA STAGIONE E RIMANETE SEMPRE VOI STESSI.
Il ju-jitsu (foto Shutterstock) è una forma di lotta nata nel Giappone feudale e dal 1900 sviluppata soprattutto in Brasile. Non prevede colpi ma solo tecniche di leva alle articolazioni e strangolamenti. Il nome si può tradurre con «arte della flessibilità». L'incontro inizia in piedi ma si svolge praticamente solo a terra. Il match termina nel momento in cui un atleta costringe l'avversario ad arrendersi chiudendolo in una presa oppure con il verdetto dei giudici al termine dei minuti regolamentari (variano a seconda delle categorie).
Benefici. Allenarsi nel ju-jitsu fa aumentare la forza negli arti e nel tronco, ma soprattutto dona elasticità e coordinazione. «Anche l'apparato respiratorio e quello cardiocircolatorio ne traggono benefici: nelle fasi di lotta il cuore lavora a ritmi alti per periodi prolungati, senza eccessivi sforzi, però», spiega Lino. Cresce anche la destrezza nell'uso delle gambe che vengono utilizzate come tentacoli per afferrare e immobilizzare l'avversario. «Dover usare in eguale misura entrambe le braccia fa sviluppare anche l'ambidestrismo», conclude Lino.
A chi è indicato. Il ju-jitsu va bene per i bambini dai sei anni in su e in generale per chi voglia migliorare la forma fisica con uno sport molto impegnativo, che mette a dura prova corpo e mente, sviluppando doti di determinazione. Il fatto che ci si debba imporre su un avversario senza colpirlo rende il ju-jitsu una disciplina poco traumatica e basata sulla tecnica e sulla forza di volontà.
Attenti a... «Le contorsioni cui obbliga non lo rendono adatto a chi abbia problemi alle articolazioni oppure alla schiena», mette in guardia Lino.
Sono passati quasi quarant'anni da quando i film di Bruce Lee hanno portato in Italia la passione per le arti marziali (foto Shutterstock), una passione in continua crescita. Secondo le ultime stime, sono oltre 600mila i praticanti in Italia, numero che fa di queste discipline orientali legate al combattimento il nono sport in ordine di diffusione nel Paese. Tra i bambini, solo calcio e nuoto hanno maggiore successo.
Judo e karate sono i più scelti soprattutto dagli under 11, ma altre discipline si stanno facendo largo, per esempio il taekwondo, sulla scia dei successi olimpici di Pechino (Mauro Sarmiento ha vinto la medaglia d'argento), e il ju-jitsu, già in voga negli Stati Uniti da dieci anni.
«Le arti marziali sono perfette per i bambini e i ragazzi», dice Claudio Robazza, psicologo dello sport e docente presso la facoltà di scienze motorie dell'Università di Chieti. «Perché in giovane età gli effetti positivi sul corpo e sulla mente sono amplificati, ma anche perché sono sport che vanno incontro alla naturale fisicità dei piccoli: i loro istinti, i loro movimenti vengono incanalati secondo regole precise e non tarpati come invece avviene in tante altre attività fisiche».
I benefici sono per la muscolatura e per la psiche. «Judo o karate sviluppano il corpo in maniera armonica, anche quello delle femminucce», spiega Andrea Lino, medico federale della Fijlkam, Federazione italiana judo, lotta, karate, arti marziali. «I muscoli saranno più forti, elastici e scattanti; la schiena e le articolazioni si rinforzano e diventano più flessibili. E tutto senza particolari rischi di traumi , perché l'obiettivo delle arti marziali apprese in palestra non è colpire l'avversario, ma affinare le tecniche di lotta».
Aggiunge Robazza: «Gli sport di combattimento potenziano disciplina, coraggio e autocontrollo. Hanno il vantaggio di richiedere il rigore nell'esecuzione e una grande attenzione per evitare di fare male a se stessi e agli altri. Inoltre, dovendo reagire alla mosse dell'avversario/compagno si sviluppa la capacità di pensare rapidamente in condizioni di rischio, mantenendo il sangue freddo».
La frequenza ideale per bambini a partire dai sei anni e ragazzi (ma anche per un adulto) è di tre volte la settimana a giorni alterni.
Ah, l'amore!
"Cara", dice un ragazzo a una ragazza,"sai che la mattina io non faccio colazione?"
"Perchè?"
"Perchè penso a te! E non pranzo nemmeno".
"Perchè?"
"Perchè penso a te! E non ceno nemmeno".
"Perchè?"
"Perchè penso a te! E di notte non dormo".
"Perchè pensi a me?"
"No, perchè...ho una fame da morire!"
Babbeo
Un tipo passeggia per strada e vede a una finestra un pappagallo che gli dice: "Babbeo!".
La cosa si ripete tre volte...
Il tipo va a protestare dal padrone, dicendo che il suo pappagallo gli dà del "babbeo".
Il giorno dopo, quando il tipo vede il pappagallo tutto incerottato, gli dice soddisfatto: "Ah, ti hanno sistemato, eh? Adesso non dici più "babbeo"...
E il pappagallo: "Io con i babbei non parlo!".
Cavallo al cinema
Un cavallo si presenta alla biglietteria di un cinema e chiede un biglietto.
La maschera dice: "Non è possibile! Un cavallo che parla!".
E il cavallo: "Non si preoccupi, durante la proiezione sto zitto!".
Gambero ansioso
Un gambero, un po' preoccupato, dice ad un altro gambero:
- Sai ieri sera mia madre è uscita per un cocktail e non è più tornata...
Alla fermata dell'autobus
Alla fermata dell'autobus un uomo chiede ad una signora: "Scusi, passa di qui il quindici?".
La signora apre la sua agenda, la sfoglia e poi risponde: "No, il quindici sono a Roma".
Allo stadio
Un bambino da solo, allo stadio, in tribuna...
Un signore lo guarda e gli chiede:
"cosa fai bambino qui solo?"
"Sono venuto a vedere la partita con la tessera di papà"
"E tuo papà dov'è?"
E' a casa che cerca la tessera!"
Bravo Pierino!
Pierino rientra a casa da scuola tutto contento:
- Sai mamma, oggi sono stato l'unico a rispondere ad una domanda della maestra!
- Davvero, Pierino? - dice contenta la mamma - E qual era la domanda?
- Chi ha messo le puntine da disegno sulla mia sedia?
Sembra ormai acquisito nella comune coscienza pedagogica, il concetto di "musicalità" come espressione dell'essere musicale insito in ognuno di noi, frutto acerbo dell'intelligenza musicale che matura al sole dell'esperienza……Le capacità musicali sono innate, presenti cioè fin dalla nascita in tutti gli individui. Il bambino che inizia la sua grande avventura nel mondo della scuola approdando alla materna è portatore di potenziali capacità musicali di base che la formazione dovrà far emergere.
La finalità educativa di un percorso musicale nella scuola dell’infanzia si identifica nel consentire al bambino di “fare musica” attraverso i mezzi che sono già a sua disposizione, rendendo la musica uno degli elementi di formazione globale della personalità e quindi possibilità espressiva e comunicativa.
I presupposti di una sperimentazione sull’educazione musicale a scuola sono la concretezza dell'esperienza musicale e il rapporto costante con la vita quotidiana.
La spinta all'elaborazione personale, la produzione diretta, il lavoro di gruppo sono poi gli elementi di gioco che aiutano a creare forme di rappresentazione scenico – musicali dinamiche e divertenti. L'educazione musicale costituisce un campo di relazione tra le espressioni e le rielaborazioni personali dei bambini, tra le conversazioni e la successiva creazione di storie, fiabe e drammatizzazioni, tra la lettura di immagini e la costruzione di cartelloni e scenografie, tra gli esercizi ritmici e le attività psicomotorie.
Durante le esperienze musicali e ritmiche, nella scuola dell’infanzia, i bambini sono fortemente motivati a strategie di relazioni ludiche che possono divenire prerequisito importante, nella prima fase della scuola primaria, per apprendere il ritmo della lettura e della scrittura. Molteplici sono le attività in forma di gioco che si possono progettare e mettere in atto con i bambini a scuola: le esperienze sonore e musicali, infatti, mirano a sviluppare la sensibilità percettivo uditiva, a favorire la fruizione dell'ambiente, a stimolare e a sostenere le relazioni di socializzazione tra bambini, attraverso l’esplorazione e la produzione in gruppo.
É piacevole cominciare dalla ricognizione esplorativa dell'ambiente sonoro, scoprendo i rumori e i suoni dello spazio circostante (animali, natura, ambiente – casa, ambiente – scuola) per poi usare la voce e il corpo come “strumenti musicali” di riproduzione dei suoni conosciuti. Attraverso l’uso di dispositivi di registrazione e di amplificazione si consente al gruppo di bambini, guidati dall’insegnante, di risentire e risentirsi riflettendo sulle similitudini e sulle differenze rispetto ai suoni originali.
Altre esperienze sono date dal passaggio alla drammatizzazione delle fiabe note: sonorizzando e cantando le scene delle fiabe conosciute e lette in sezione i bambini scoprono una modalità nuova di raccontare e esplorano regole di interazione mediate dal suono e dal ritmo.
Le esperienze con la musica trovano espressione nella mediazione educativa di filastrocche, conte, canzoni finalizzate a memorizzare semplici “repertori” di brani di vario genere (come canzoni tradizionali, canzoncine dei cartoni animati preferiti). Nel gioco gli alunni sperimentano, cioè ascoltano, memorizzano, riproducono con la voce, con il corpo, con il disegno, rappresentando il sé e la realtà con movimenti ritmici, gesti-suono e “strumentini”.
Le attività didattiche di un progetto sonoro poi possono convogliare in una manifestazione conclusiva fatta di canti più o meno semplici (a seconda dell’età dei bambini interessati), di melodie con ritmo e intonazione corretti, in gruppo e da soli per tradurre le caratteristiche sonore (durata, altezza, intensità) in azione motoria, segno grafico e parola, utilizzando colori e disegni.
Pei i bambini di 5 anni si presenta in continuità l’opportunità di formulare con l’insegnante semplici esercizi di scrittura ritmica, attraverso l’utilizzo di un “divertente pentagramma” costruito in grandi dimensioni e con i colori e utilizzando ad esempio al posto delle note musicali faccine oppure animali. L’espressività canora e la comunicazione musicale di ogni alunno viene così valorizzata dal coinvolgimento costante attraverso momenti liberi e guidati, dove la tradizione, la scoperta, la riproduzione di ritmi, l’osservazione “acustica” diventano focus di conoscenza e di apprendimento prezioso. Tutto questo, che rappresenta per i bambini un campo di esperienza e di relazione fondamentale per la conoscenza e l’uso dei linguaggi non verbali, è altrettanto un campo di azione prezioso per il docente, che attraverso la “musicalità” orienta i piccoli a esplorare e vivere lo spazio di libero movimento psicologico e affettivo.
I presupposti di una sperimentazione sull’educazione musicale a scuola sono la concretezza dell'esperienza musicale e il rapporto costante con la vita quotidiana.
La spinta all'elaborazione personale, la produzione diretta, il lavoro di gruppo sono poi gli elementi di gioco che aiutano a creare forme di rappresentazione scenico – musicali dinamiche e divertenti. L'educazione musicale costituisce un campo di relazione tra le espressioni e le rielaborazioni personali dei bambini, tra le conversazioni e la successiva creazione di storie, fiabe e drammatizzazioni, tra la lettura di immagini e la costruzione di cartelloni e scenografie, tra gli esercizi ritmici e le attività psicomotorie.
Durante le esperienze musicali e ritmiche, nella scuola dell’infanzia, i bambini sono fortemente motivati a strategie di relazioni ludiche che possono divenire prerequisito importante, nella prima fase della scuola primaria, per apprendere il ritmo della lettura e della scrittura. Molteplici sono le attività in forma di gioco che si possono progettare e mettere in atto con i bambini a scuola: le esperienze sonore e musicali, infatti, mirano a sviluppare la sensibilità percettivo uditiva, a favorire la fruizione dell'ambiente, a stimolare e a sostenere le relazioni di socializzazione tra bambini, attraverso l’esplorazione e la produzione in gruppo.
É piacevole cominciare dalla ricognizione esplorativa dell'ambiente sonoro, scoprendo i rumori e i suoni dello spazio circostante (animali, natura, ambiente – casa, ambiente – scuola) per poi usare la voce e il corpo come “strumenti musicali” di riproduzione dei suoni conosciuti. Attraverso l’uso di dispositivi di registrazione e di amplificazione si consente al gruppo di bambini, guidati dall’insegnante, di risentire e risentirsi riflettendo sulle similitudini e sulle differenze rispetto ai suoni originali.
Altre esperienze sono date dal passaggio alla drammatizzazione delle fiabe note: sonorizzando e cantando le scene delle fiabe conosciute e lette in sezione i bambini scoprono una modalità nuova di raccontare e esplorano regole di interazione mediate dal suono e dal ritmo.
Le esperienze con la musica trovano espressione nella mediazione educativa di filastrocche, conte, canzoni finalizzate a memorizzare semplici “repertori” di brani di vario genere (come canzoni tradizionali, canzoncine dei cartoni animati preferiti). Nel gioco gli alunni sperimentano, cioè ascoltano, memorizzano, riproducono con la voce, con il corpo, con il disegno, rappresentando il sé e la realtà con movimenti ritmici, gesti-suono e “strumentini”.
Le attività didattiche di un progetto sonoro poi possono convogliare in una manifestazione conclusiva fatta di canti più o meno semplici (a seconda dell’età dei bambini interessati), di melodie con ritmo e intonazione corretti, in gruppo e da soli per tradurre le caratteristiche sonore (durata, altezza, intensità) in azione motoria, segno grafico e parola, utilizzando colori e disegni.
Pei i bambini di 5 anni si presenta in continuità l’opportunità di formulare con l’insegnante semplici esercizi di scrittura ritmica, attraverso l’utilizzo di un “divertente pentagramma” costruito in grandi dimensioni e con i colori e utilizzando ad esempio al posto delle note musicali faccine oppure animali. L’espressività canora e la comunicazione musicale di ogni alunno viene così valorizzata dal coinvolgimento costante attraverso momenti liberi e guidati, dove la tradizione, la scoperta, la riproduzione di ritmi, l’osservazione “acustica” diventano focus di conoscenza e di apprendimento prezioso. Tutto questo, che rappresenta per i bambini un campo di esperienza e di relazione fondamentale per la conoscenza e l’uso dei linguaggi non verbali, è altrettanto un campo di azione prezioso per il docente, che attraverso la “musicalità” orienta i piccoli a esplorare e vivere lo spazio di libero movimento psicologico e affettivo.
Una tendenza relativamente recente, ma i bambini che non frequentano l'asilo nido nei primi anni della loro vita, soprattutto in certe realtà industrializzate (grandi centri del Nord, aree urbane…), sono sempre meno. Complici un mutato atteggiamento nei confronti di queste strutture considerate, fino a qualche decennio fa, tristi parcheggi per bimbi sfortunati, e gli impegni lavorativi dei genitori, in particolare delle mamme (sono sempre di più, infatti, le donne che tornano al lavoro al termine della maternità. Un po' per motivi economici, un po' per scelta personale, un po' perché convinte che la socializzazione del piccolo debba avere inizio già nei primi mesi della sua vita).
Per questi piccini, già abituati al distacco dalla famiglia, capaci di stare in mezzo ad altri bambini, affidati alle cure di un educatore/insegnante, l'ingresso alla materna è, sicuramente, meno traumatico di quanto possa esserlo per gli altri, quelli che fino ai 2/3 anni sono rimasti in casa, accuditi da mamma o papà, nonni, baby sitter…
In questi casi, per lo meno nel primo mese, è indispensabile effettuare un vero e proprio inserimento, per nulla diverso da quello che normalmente avviene con i bimbi più piccoli al nido.
Non tutti i bimbi reagiscono allo stesso modo. Per alcuni, la scuola è un'isola felice tutta da scoprire e vi si abbandonano senza rimpianti, in modo sereno e naturale. Per altri, però, il distacco dalla famiglia è un avvenimento inaspettato e traumatico che va affrontato nel modo giusto, senza fretta e senza ripensamenti.
Per questi piccini, già abituati al distacco dalla famiglia, capaci di stare in mezzo ad altri bambini, affidati alle cure di un educatore/insegnante, l'ingresso alla materna è, sicuramente, meno traumatico di quanto possa esserlo per gli altri, quelli che fino ai 2/3 anni sono rimasti in casa, accuditi da mamma o papà, nonni, baby sitter…
In questi casi, per lo meno nel primo mese, è indispensabile effettuare un vero e proprio inserimento, per nulla diverso da quello che normalmente avviene con i bimbi più piccoli al nido.
Non tutti i bimbi reagiscono allo stesso modo. Per alcuni, la scuola è un'isola felice tutta da scoprire e vi si abbandonano senza rimpianti, in modo sereno e naturale. Per altri, però, il distacco dalla famiglia è un avvenimento inaspettato e traumatico che va affrontato nel modo giusto, senza fretta e senza ripensamenti.
È importante, quindi, che i genitori che fino a questo momento hanno preferito prendersi cura personalmente del loro piccolino siano convinti della loro scelta e si rendano conto, loro per primi, che la scuola d'infanzia rappresenta veramente per il bimbo una tappa fondamentale del suo processo di crescita. Alla materna, infatti, i bambini imparano a socializzare, a rispettare le esigenze degli altri, a lavorare (giocare) in gruppo, a rispettare le regole imposte dalle insegnanti. Il loro vocabolario si arricchisce di nuovi termini e nuove espressioni, il confronto con il mondo esterno li rende più autonomi e questo rafforza la loro autostima. I laboratori e i giochi che spesso scandiscono le giornate sono uno stimolo per la fantasia e la creatività. Il contatto con gli altri fortifica il sistema immunitario.
In altre parole, nessun dubbio per la decisione presa: l'esperienza della scuola d'infanzia non può che essere positiva per il piccino.
Una volta preso atto di questo, è fondamentale che mamma e papà trasmettano serenità al bimbo e gli facciano intravedere i lati positivi dell'esperienza cui sta andando incontro. Spesso, infatti, dietro ai timori dei bambini si nascondono le ansie dei genitori che in modo del tutto inconsapevole proiettano sul piccolo la loro apprensione e i loro sensi di colpa.
Dal punto di vista pratico, è importante che il momento della separazione sia caratterizzato da gesti concreti. Innanzitutto, spiegate chiaramente al piccino che per qualche ora andrete via, ma che tornerete a riprenderlo nel pomeriggio. Fate in modo che capisca che non lo state lasciando per sempre, ma solo per un periodo temporaneo durante il quale verrà affidato alle cure delle maestre e potrà giocare coi gli altri bambini. Quindi, effettuate il "passaggio di consegna" alle educatrici e, infine, salutatelo con affetto dando tutta l'enfasi del caso a questo momento che dovrà trasformarsi in una sorta di rituale tra voi e il piccino. Infine, dopo un ultimo bacio, giratevi e andate via senza ripensamenti e strascichi anche qualora il bimbo dovesse scoppiare in un pianto disperato.
Esattamente come succede per il nido, poi, l'inserimento deve avvenire in modo graduale: rispettando i suoi tempi, cominciate nei primi giorni, lasciando il bambino a scuola solo per brevi periodi e aumentate via via il numero di ore in cui rimane da solo man mano che inizierà a prendere confidenza con i compagni e le insegnanti.
“Le cose da sapere quando si affida il proprio figlio ad un preparatore sportivo”
BAMBINI E ATTIVITÀ SPORTIVA Chi opera nell’ambito sportivo sa che una delle preoccupazioni più sentite dai genitori è quella di trovare lo sport più adatto per i propri figli. Normalmente si cerca uno sport “completo” e la domanda che più spesso viene fatta è quale sia lo sport “più completo” in assoluto. Come è ovvio, la risposta che si dà in questi casi è che non esiste uno sport veramente completo in assoluto, in quanto ogni attività fisica, quando viene indirizzata verso una specializzazione, promuove nel praticante certe caratteristiche a discapito di altre.
La cultura popolare vede nel nuoto la disciplina che maggiormente soddisfa l’esigenza di sport “omnicomprensivo”, ma, ad un esame più attento, risulta evidente che neppure il nuoto può fregiarsi di questo titolo, perché, ad esempio, non interviene su importanti qualità quali l’abilità di coordinare il corpo rispetto allo spazio circostante, la propiocettivtà, la capacità di saltare, correre o lanciare oggetti e la capacità di socializzare e di lavorare insieme agli altri per un obiettivo comune.
Ma allora, quale sport scegliere ed a quale età cominciare l’avviamento sportivo?
Per prima cosa occorre capire se la richiesta di svolgere un’attività fisica organizzata proviene dal bambino o dal genitore. Spesso il bambino mostra semplicemente una decisa e naturale volontà di muoversi, mentre è del genitore il desiderio di iscriverlo ad un corso piuttosto che ad un altro, magari per motivi di comodità organizzativa nella gestione familiare. La prima indicazione da dare è che il bambino si deve divertire a fare quello che fa. Iscriverlo ad un corso, magari prestigioso, dove però il piccolo allievo non si trova a suo agio, è sicuramente deleterio. Visto che normalmente le scuole di avviamento sportivo accettano i piccoli principianti dai cinque anni in su, soffermeremo la nostra analisi alla fascia di età compresa tra i cinque ed i sette anni. In questo periodo di crescita, il bambino ha forti motivazioni allo sport. Quando si appassiona ad un’attività motoria, ovviamente sotto forma di gioco e di divertimento, manifesta un grosso impegno ed evidenzia la presenza di una motivazione concreta e dominante. Probabilmente i due fattori primari che agiscono da molla sono il gioco e l’agonismo , oltre ad altri fattori secondari. In particolare non va sottovalutato l’agonismo, che traduce in realtà, a livello simbolico, bisogni della persona del tutto naturali, in questa età, collegati all’aggressività, all’autoaffermazione, all’interazione con la realtà. L’agonismo, dunque, essendo un fattore compensativo, equilibratore e liberatorio, se viene vissuto in un contesto organizzato, gestito da un istruttore preparato, e adeguatamente controllato, funziona da decongestionante psichico, favorendo la crescita psichica ed emotiva dell’allievo.La pratica sportiva con manifestazioni agonistiche, quindi, magari non risolve, ma contribuisce a lavorare sui bisogni e le ansie individuali del bimbo, favorendo anche il suo inserimento “sociale”. I fattori cosiddetti secondari cui si accennava, sono probabilmente più importanti nel ragazzo e nell’adulto che non nel bambino, infatti possono essere ricondotti in variabili legate a fattori comunicativi, proiettivi, catartico-liberatori, estetici, affiliativi, conformistici, economico-sociali, se non addirittura ad ansie nevrotiche reattive, forme compensative, legati all’identità sessuale. Possono però apparire anche in queste età, quando, ad esempio, il bambino “sente” che il genitore desidera con forza che egli pratichi una certa attività e non vuole deluderlo, anche se non l’appassiona.
Iscrivere un bambino ad un corso di avviamento allo sport, quindi, significa agire anche sul suo sviluppo psichico, oltre che su quello fisico. La pratica sportiva prolungata, infatti, ha degli effetti sulla personalità, essendo dimostrato, ad esempio, che può agire su eventuali atteggiamenti ossessivi, di coartazione emotiva o su atteggiamenti istrionici. La cosa importante è che sempre l’attività venga prospettata, sia da parte dei genitori che degli insegnanti come un qualcosa di divertente, che “è bello fare” , onde evitare sintomi di psicopatologie dell’atleta, a dimostrazione che lo sport, in certi suoi eccessi, non fa sempre bene, quali, ad esempio, la sindrome da paura dell’insuccesso. Si tratta di una sorta di ansia preagonistica, con una complessa sintomatologia psichica e somatica. Mentre l’atleta adulto lavora e si allena in funzione del risultato, ciò non deve assolutamente avvenire per il bambino e per il giovanissimo. Tra l’altro questo è sbagliato non solo evidentemente su un piano etico e sociale, ma anche funzionale e della specializzazione: un grande specialista di domani, infatti, deve oggi essere un bambino che si diverte a fare sport e che cresce equilibrato e ricco di esperienze motorie. Non ha ragione di essere, dunque, il timore di alcuni genitori che il proprio figlio non possa diventare un campione se non comincia a specializzarsi in tenera età. È più vicino al vero semmai il contrario. È però importante che fin da piccolo acquisisca varie esperienze di movimento. Anche lo stress agonistico deve essere assolutamente evitato: un atleta maturo deve avere una carica psicologica tale da farlo lottare fino alla fine, in gara, contro il suo avversario, anche se si tratta del suo migliore amico. In un bambino, però questo significherebbe caricarlo della pressione di un intero ambiente affettivo: genitori, allenatore, compagni a cui egli tiene. L’ansia potrebbe essere maggiore del piacere della pratica sportiva. Ecco perché la specializzazione va ritardata il più possibile.
Ciao mi chiamo xxx!!! Non mi chiamo ancora sono troppo piccolo, figurati che sono ancora nella pancia della della mamma,ho appena 1 settimana.La mia mamma va ancora a scuola,lo so , so tutto di lei.Oggi sta piangendo, forse perchè papà non è andato a prenderla a scuola; anche lui è molto giovane.Ora la mamma si è accorta che ci sono io e lo dice alla nonna.Ah, perchè piange invece di essere felice?oh noooooo, non picchiarla!!!! e tu mamma non piangere, ci sono io che ti voglio bene!!!Dopo qualche giorno non ho più visto papà.La nonna non parla con la mamma e lei è triste.La notte quando non la vede nessuno, mette le mani sul pancione e mi sussura parole dolci!!! Adesso io, la mamma e la nonna andiamo in ambulatorio, siamo arrivati, la mamma si siede sul lettino. Un uomo che non ho mai visto, con la faccia coperta da una maschera ha in mano degli attrezzi.....ma cos'ha la mamma? il suo cuore batte forte e mi sussura...."perdonami piccolo mio".... ma cosa mi stanno facendo?
Sento le mani entrare nel mio pancino.Ho capito.Ho capito."mamma non voglio morire" Troppo tardi...il mio corpo è fuori da quello della mia mamma.Sono morto!!!Ecco la mia anima sta salendo in cielo e chissà se lassù esiste un paradiso.
PS: ti avrei voluto bene mamma!
Molte donne oggi non accolgono il frutto stesso del loro concepimento, spezzando così una vita nata da poco, una piccola vita che avrebbe voluto vedere il volto di sua madre, una piccola vita che sarà perduta per sempre, ma che continuerà ad esistere nella coscienza di quella donna che gli ha impedito di esistere. Queste donne hanno sempre ragioni individuali per praticare un tale atroce delitto, soprattutto non vogliono perdere la propria libertà. Il pensare che tali delitti vengono perpetrati in nome della libertà è una cosa che disgusta e offende profondamente. Si invocano i diritti alla libertà delle persone e contemporaneamente si offende in maniera indegna la libertà essenziale dell'altro, in questo caso del nascituro.
Non si dica che il nascituro non è "persona", se ciò fosse vero non ci sarebbe la triste e meschina necessità di sopprimerlo. Infatti egli già porta in sé i semi dell'uomo futuro. E' ormai incontestabile la sua sostanziale autonomia biologica. Egli dipende dalla madre per l'ambiente vitale, la protezione e il nutrimento, ma sviluppa da sé la propria vita. Non è in alcun modo soltanto una parte del corpo materno, in questo ha un suo originale e unico patrimonio genetico, iscritto nel DNA, in base al quale possiede tutte le informazioni sufficienti per costruirsi organismo adulto.
--Andrea--
ciao...lo so che non mi puoi ancora vedere,ma tra qualche mese verrò alla luce, così mamma e papà mi potranno portare al mare...
mia mamma ha 15 anni e mio papà ha 16 anni ed ha dei bellissimi occhi verdi...
io sono nato l'altro giorno,quando mia mamma e mio papà sono andati nel bosco...
e da ben 2 settimane che esisto,ma so già che sarò maschietto e che mi chiamerò "Andrea", un nome che a me piace molto e anche alla mamma.
Mi sono spuntati anche i piedini...
Oggi mamma è stata interrogata da un certo signore alto con gli occhiali che urlava di un certo Cristoforo Colombo, chissà se lo conoscerò quando nasco...
Mamma ha pianto tanto...parlava di certi ritardi con una sua amica e diceva che avrebbe dovuto parlare con papà...ma cosa sarà mai successo?!?!?...poverina ha pianto così tanto!...
Non è un comportamento giusto! Papà ha parlato di andare dal dottore domani...Boh...non riesco ancora a capire...Stanotte la mamma non ha dormito e continuava sussurrarmi:"Perdonami Piccolo Mio...Perdonami!"...Ma mamma cosa vuol dire questo?!?!?...
Oggi ho veramente scoperto e capito la verità:"Domani morirò...Speriamo che ci sia un Paradiso anche per i bambini MAI nati..."
--Andrea--
Sento le mani entrare nel mio pancino.Ho capito.Ho capito."mamma non voglio morire" Troppo tardi...il mio corpo è fuori da quello della mia mamma.Sono morto!!!Ecco la mia anima sta salendo in cielo e chissà se lassù esiste un paradiso.
PS: ti avrei voluto bene mamma!
Molte donne oggi non accolgono il frutto stesso del loro concepimento, spezzando così una vita nata da poco, una piccola vita che avrebbe voluto vedere il volto di sua madre, una piccola vita che sarà perduta per sempre, ma che continuerà ad esistere nella coscienza di quella donna che gli ha impedito di esistere. Queste donne hanno sempre ragioni individuali per praticare un tale atroce delitto, soprattutto non vogliono perdere la propria libertà. Il pensare che tali delitti vengono perpetrati in nome della libertà è una cosa che disgusta e offende profondamente. Si invocano i diritti alla libertà delle persone e contemporaneamente si offende in maniera indegna la libertà essenziale dell'altro, in questo caso del nascituro.
Non si dica che il nascituro non è "persona", se ciò fosse vero non ci sarebbe la triste e meschina necessità di sopprimerlo. Infatti egli già porta in sé i semi dell'uomo futuro. E' ormai incontestabile la sua sostanziale autonomia biologica. Egli dipende dalla madre per l'ambiente vitale, la protezione e il nutrimento, ma sviluppa da sé la propria vita. Non è in alcun modo soltanto una parte del corpo materno, in questo ha un suo originale e unico patrimonio genetico, iscritto nel DNA, in base al quale possiede tutte le informazioni sufficienti per costruirsi organismo adulto.
--Andrea--
ciao...lo so che non mi puoi ancora vedere,ma tra qualche mese verrò alla luce, così mamma e papà mi potranno portare al mare...
mia mamma ha 15 anni e mio papà ha 16 anni ed ha dei bellissimi occhi verdi...
io sono nato l'altro giorno,quando mia mamma e mio papà sono andati nel bosco...
e da ben 2 settimane che esisto,ma so già che sarò maschietto e che mi chiamerò "Andrea", un nome che a me piace molto e anche alla mamma.
Mi sono spuntati anche i piedini...
Oggi mamma è stata interrogata da un certo signore alto con gli occhiali che urlava di un certo Cristoforo Colombo, chissà se lo conoscerò quando nasco...
Mamma ha pianto tanto...parlava di certi ritardi con una sua amica e diceva che avrebbe dovuto parlare con papà...ma cosa sarà mai successo?!?!?...poverina ha pianto così tanto!...
Non è un comportamento giusto! Papà ha parlato di andare dal dottore domani...Boh...non riesco ancora a capire...Stanotte la mamma non ha dormito e continuava sussurrarmi:"Perdonami Piccolo Mio...Perdonami!"...Ma mamma cosa vuol dire questo?!?!?...
Oggi ho veramente scoperto e capito la verità:"Domani morirò...Speriamo che ci sia un Paradiso anche per i bambini MAI nati..."
--Andrea--
A rovescio
Età dei partecipanti: dai 7 in su
Numero giocatori: quanti sono i penitenti
Dove si gioca: in casa
Regole e svolgimento del gioco
Si tratta di penitenza piuttosto difficile per chi la deve eseguire.
Il penitente dovrà dire delle parole a rovescio cominciando dall'ultima lettera.
Bersaglio difficile
Età dei partecipanti: dai 7 in su
Numero giocatori: quanti sono i penitenti
Dove si gioca: in casa
Cosa serve: un fiasco, una benda, un tappo
Regole e svolgimento del gioco
Il capogioco mette su un tavolo un fiasco, vuoto naturalmente, sulla cui imboccatura
del collo appoggia un turacciolo.
Il condannato alla penitenza si fa bendare un occhio poi, con un braccio teso in avanti,
si dirige verso il fiasco e facendo scattare il dito medio con il pollice, deve cercare di far cadere
il tappo. La cosa sembra facile, ma non lo è.
E' proibito far cadere il fiasco, è proibito toccarlo, è proibito far scattare il dito a vuoto per più di tre volte.
Se il penitente commette uno di questi errori, deve ricominciare fino a quando non gli riesce di portare
a termine l'impresa.
Chi è chi non è
Età dei partecipanti: dai 7 in su
Numero giocatori: quanti sono i penitenti
Dove si gioca: in casa
Regole e svolgimento del gioco
Chi deve fare la penitenza si pone in piedi in mezzo alla stanza:
alle sue spalle tutti i suoi compagni, a distanza di curca un passo da lui si
muovono scambiandosi posti continuamente.
Ogni tanto uno di loro dà un colpetto sulla spalla del penitente, ritirando la mano
che stringe a pugno lasciando però ritto l'indice.
Tutti gli altri giocatori si mettono nella stessa posizione.
Il penitente che ha ricevuto il colpetto, deve voltarsi immediatamente, e cercare
di indovinare il nome di chi l'ha toccato. Cosa un po' difficile perchè, come abbiamo detto,
i giocatori sono continuamente in movimento.
Alla persona che deve fare la penitenza è consentito di sbagliare tre volte, dopodichè è
costretto a rifare la prova, magari cambiando penitenza.
Grazie mamma
perché mi hai dato
la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buona notte,
il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi dà sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime,
hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori,
hai protetto il mio cammino,
hai educato il mio spirito,
con saggezza e con amore
mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me
trovavi il tempo
per i mille lavori di casa.
Tu non hai mai pensato
di chiedere un grazie.
Grazie mamma.
MAMMA MI HA INSEGNATO...
Mamma non piango perchè te mi hai insegnato a sorridere. non soffro perchè te mi hai insegnato a amare. non muoio perchè te mi hai insegnato a vivere. ma se un giorno te non ci saraì più, io piango, soffro e posso anchè morire perchè l'unica cosa che te non mi hai insegnato è a vivere senza di te!!!!! mamma ti amo.....
La festa della mamma fu istituita nel 1914 negli stati Uniti su proposta di
Anna M. Jarvis.
Anna era molto legata alla madre, un'insegnante della Andrews Methodist Church di Grafton,nel West Virginia.
Dopo la morte della madre, Anna si impegnò inviando lettere a ministri e membri del congresso affinché venisse celebrata una festa nazionale dedicata a tutte le mamme. Questa festa doveva rappresentare un segno d'affetto di tutti nei confronti della propria madre mentre questa era ancora viva.
Grazie alla sua tenacia e determinazione, la prima fest adella mamma fu celebrata a Grafton e l'anno dopo a Filadelfia: era il 10 maggio 1908.
Anna Jarvis scelse come simbolo di questa festa il garofano, fiore preferito dalla madre: rosso per le mamme in vita, bianco per le mamme scomparse.
Nel 1914 il presidente Wilson annunciò la delibera del Congresso per festeggiare questa festa la seconda domenica di maggio, come espressione pubblica di amore e gratitudine per le madri del Paese.
Da quell'anno fu istituito il "Mother's Day".
Oltre agli Stati Uniti questa data è stata adottata da Danimarca, Finlandia, Turchia, Australia e Belgio. In Norvegia viene celebrata la seconda domenica di febbraio , in Argentina la seconda di ottobre ; in Francia la festa della mamma cade l'ultima domenica di maggio ed è celebrata come compleanno della famiglia.
In Italia la Festa della mamma si festeggia la seconda domenica di maggio, come negli Stati Uniti.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l'amore e la bellezza e sa testimoniare l'affetto e la riconoscenza dei figli.
Anna M. Jarvis.
Anna era molto legata alla madre, un'insegnante della Andrews Methodist Church di Grafton,nel West Virginia.
Dopo la morte della madre, Anna si impegnò inviando lettere a ministri e membri del congresso affinché venisse celebrata una festa nazionale dedicata a tutte le mamme. Questa festa doveva rappresentare un segno d'affetto di tutti nei confronti della propria madre mentre questa era ancora viva.
Grazie alla sua tenacia e determinazione, la prima fest adella mamma fu celebrata a Grafton e l'anno dopo a Filadelfia: era il 10 maggio 1908.
Anna Jarvis scelse come simbolo di questa festa il garofano, fiore preferito dalla madre: rosso per le mamme in vita, bianco per le mamme scomparse.
Nel 1914 il presidente Wilson annunciò la delibera del Congresso per festeggiare questa festa la seconda domenica di maggio, come espressione pubblica di amore e gratitudine per le madri del Paese.
Da quell'anno fu istituito il "Mother's Day".
Oltre agli Stati Uniti questa data è stata adottata da Danimarca, Finlandia, Turchia, Australia e Belgio. In Norvegia viene celebrata la seconda domenica di febbraio , in Argentina la seconda di ottobre ; in Francia la festa della mamma cade l'ultima domenica di maggio ed è celebrata come compleanno della famiglia.
In Italia la Festa della mamma si festeggia la seconda domenica di maggio, come negli Stati Uniti.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l'amore e la bellezza e sa testimoniare l'affetto e la riconoscenza dei figli.
LA CACCIA ALL'UOVO
Beh, si tratta sicuramente del gioco più conosciuto e divertente da fare la domenica di Pasqua.
Il coniglietto di Pasqua sta alla Pasqua, appunto, come Babbo Natale sta al Natale; per intenderci: è colui che porta i doni e le buonissime uova di cioccolata.
Mentre, però, a Natale i doni se ne stanno belli tranquilli sotto l'albero, in questo caso essi dovranno essere cercati per tutta la casa e, se lo avete, nel giardino antistante (sempre sperando che sia una giornata di sole!).
Il sabato sera qualcuno, il coniglietto di Pasqua, appunto, si sarà preoccupato di nascondere tutti i doni nei posti più segreti. Questi ultimi, anziché essere incartati come si fa normalmente, saranno impacchettati dentro contenitori a forma di uova, di plastica o in cartone (si trovano in commercio nelle cartolerie o nei negozi di giocattoli), con grossi fiocchi per renderli più colorati.
Il giorno seguente, subito dopo pranzo, prima di mangiare il tradizionale uovo di cioccolato, ai bimbi verrà chiesto di scovare le uova e raccoglierle in un cestino. Quando tutte le uova saranno state trovate, i piccoli potranno scartarle e, se ce ne sono di commestibili mangiarle.
È un gioco che piace tanto ai bambini e che li terrà impegnati per un paio di ore.
Lo ripetiamo: se riuscirete ad organizzare la caccia all'uovo all'aperto, sarà ancora più divertente!
La variante: Se anzicché uova-regalo userete uova vere, potrete organizzare una vera e propria e caccia al tesoro con tanto di vincitore finale, secondo un'usanza molto in voga negli Stati Uniti, la egg hunt: colorate le uova in modo diverso e assegnate ad ogni colore un valore numerico. Alla fine della caccia, vincerà il bambino che avrà totalizzato più punti.
Se, invece, vorrete fare una scorpacciata, usate i classici ovetti di cioccolata, organizzate la caccia e dichiarate vincitore colui che avrà raccolto più uova. Queste ultime saranno il bene prezioso per saziare la golosità di tutti, anche vostra!
GIOCHI ALL'APERTO PER IL LUNEDÌ DELL'ANGELO
CORSE "PERICOLOSE"
È un gioco adatto per le famiglie numerose e per chi ha la possibilità di stare all'aria aperta, ma può essere organizzato anche in una stanza piuttosto grande che avrete liberato dei mobili più ingombranti. Giocateci, altrimenti, nel giorno di Pasquetta, durate la famosa gita fuori porta.
Formate due squadre: i coniglietti, con un fiocco rosa intorno al collo, e i pulcini, contraddistinti da un fiocco giallo, e dotate ciascun membro della squadra di un cucchiaino abbastanza capiente.
Stabilite una "boa" che vi servirà da traguardo e come punto di svolta.
Le regole sono semplicissime. L'abilità consiste nell'arrivare alla "boa", girarci intorno e tornare indietro con un cucchiaino in bocca sul quale è stato collocato un uovo…. crudo!
Una volta tornato alla base, il bimbo che ha corso, passa uovo e cucchiaino al compagno che a sua volta dovrà fare la stessa cosa, fino a quando tutti i componenti della squadra avranno compiuto il loro percorso.
Vince la squadra che terminerà per prima il percorso (tutti i membri) senza rompere le uova.
Un consiglio: sostituite le tradizionali uova di gallina, molto grosse e difficile da tenere in equilibrio, con quelle di quaglia, molto più piccole e maneggevoli. Se farete questo gioco in casa, prima di distribuire le uova, bollitele fino a che diventano sode…. Si combineranno meno danni!
UOVA ROTOLANTI
Secondo un'antica tradizione siciliana, il giorno di Pasqua, subito dopo il suono della Gloria, i bambini tiravano in aria delle grosse ciambelle (le "cuddure") all'interno delle quali erano state infilate delle uova sode, cantando:
La Gloria sunau (la Gloria è suonata)
la cuddura si spezzau (la ciambella si è spezzatta)
si spezzau a mossa a mossa (si è spezzata a piccoli pezzi)
la cuddura senza ossa (la ciambella non ha più le ossa).
Quando tutte le ciambelle erano rotte, venivano mangiate. Era un preambolo al pranzo pasquale.Da questa vecchia usanza, forse, deriva questo gioco, da organizzare assolutamente all'aperto, veramente molto pasquale.
A ciascun bambino vengono date delle uova sode. Queste devono essere fatte rotolare o tirate aldilà di un limite che si è stabilito. Vince il bambino a cui si saranno rotte meno uova
IL CESTINO PASQUALE
Cartoncino piuttosto spesso
Fogli di carta da lettere colorati
Colla
Forbici
Compasso
Sul cartoncino, con il compasso, disegnate due cerchi concentrici in modo che il primo abbia un diametro non inferiore ai 10 cm e il secondo almeno il doppio. Il cerchio più interno vi servirà come base del cestino e l’altro per le pareti.
A questo punto, disegnate, partendo dalla circonferenza più esterna verso quella interna, dei raggi dello spessore di circa 1 cm e tagliate lo spazio tra un raggio a l’altro. Alla fine, il cartoncino avrà l’aspetto di un piccolo sole con i raggi
spessi un centimetro.
Sempre utilizzando il cartoncino, realizzate delle striscioline alte un centimetro e poco più lunghe rispetto alla circonferenza della base del cestino.
Piegate i raggi precedentemente disegnati in modo che risultino in verticale rispetto alla base del cestino e fate passare tra l’uno e l’altro le striscioline appena tagliate partendo dal basso e fino ad arrivare all’estremità del cesto. Per fissarle, usate della colla.
Per il bordo superiore, usate una striscia un po’ più spessa che incollerete sulle altre.
Per completare il vostro cestino, usando il cartoncino realizzate il manico.
A questo punto, col la carta colorata realizzate dei fiori (ma volendo qualsiasi oggetto vi venga in mete a tema pasquale) sovrapponendo un foglio sull’altro e completando il tutto con delle foglie.
Incollate i fiori lungo le pareti del cestino, lasciate asciugare la colla e... voilà, il vostro cestino è pronto per essere riempito con tante uova colorate.
IL SIGNORE E LA SIGNORA "UOVO" CON PARGOLI
Bollite le uova e fatele raffreddare.
Con delle vecchie pezze di stoffa preparate mantelline e fiocchetti. Bottoni, cravatte, taschini….
Con della colla atossica, incollate gli abitini sulle uova dando vita a tanti simpatici personaggi. Potrete usare la stoffa anche per fare gli occhi, la bocca e il naso, altrimenti usate dei pezzettini di cartoncino colorati.
Se vorrete rendere la "famiglia Uovo" autonoma, applicate a ciascun ovetto delle specie di piedi (sempre pezzettini di stoffa incollati alla base del guscio)…. Cammineranno per casa, rendendo più divertente la vostra festa pasquale!
PER CHI NON HA MOLTO TEMPO
Se non avete molto tempo per preparare le decorazioni, non toglietevi comunque il piacere di rallegrare la vostra casa… anche perché è primavera: un po' di gioia e colore non vi faranno certo male!
NIDI DI... CIOCCOLATO
Comprate dei piccoli cestini e incollatevi sopra qualche truciolo di legno o anche delle stelle filanti gialle (se le avrete messe da parte per il prossimo carnevale).
A mo' di paglia, ricopriteli all'interno con fili d'erba o pezzettini di legno (potrete usare anche la lana, ma il lavoro risulterebbe meno credibile… E poi è primavera: chi ha ancora voglia di lana?)
Ponete nel cestino delle ovette di cioccolato (in pasticceria) con l'incartamento colorato… e voilà, il vostro golosissimo nido è pronto!
CAMPANELLE SULLA PORTE E ALLE FINESTRE
Vi basterà comprare delle campanelline di media grandezza da appendere alle porte e alla finestra per rallegrarvi al loro dolce tintinnio ogni volta che le aprirete!
RAMI DI PESCO
Adornate la casa, collocando nei vasi (abbelliteli come vi abbiamo spiegato poco sopra) profumatissimi rami di pesco. Vi sentirete come in campagna!
DECORAZIONI A TEMA: GLI ANIMALI PASQUALI
LE ORECCHIE DEL CONIGLIETTO
Una fascia da bambino rosa
Quattro strisce di feltro rosa lunghe circa 16 cm e larghe 10
Due strisce di feltro bianche lunghe circa 8 cm e larghe 5
Del fil di ferro
Un paio di forbici dentellate e un paio di forbici per stoffa normali
Colla tipo Vinavil
Su un foglio di carta, disegnate la sagoma delle due orecchie tenendo conto che quelle del coniglio sono piuttosto lunghe e strette. Ritagliatele e, utilizzandole come modello, tagliate della stessa forma e misura i 4 pezzi di feltro rosa (usate le forbici dentellate e prevedete un pezzetto aggiuntivo di stoffa alla base delle orecchie che vi servirà per cucirle sulla fascetta per capelli). Procedendo nello stesso modo, tagliate il feltro bianco che dovrà avere la stessa forma di quello rosa ma dimensioni leggermente ridotte. Piegate, quindi, il fil di ferro in modo che assuma la forma delle orecchie (l'arco allungato che creerete, dovrà essere di un paio di cm in meno rispetto alle orecchie rosa) e bloccatelo all'interno dei due pezzi di stoffa cuciti tra loro. Il fil di ferro non è strettamente necessario, ma può essere utile per dare alle orecchie la forma che desiderate (leggermente piegate verso l'interno, ritte come quelle di un cane in stato di allerta….). Dopo aver realizzato entrambe le orecchie con la stoffa rosa e il fil di ferro, sovrapponete a ciascuna delle due il feltro bianco già tagliato, che incollerete sull'interno usando della colla Vinavil. Lasciate asciugare, cucite le orecchie così ottenute sulla fascetta rosa (al posto di ago e filo potrete utilizzare anche delle semplici graffette) e… voilà, il gioco è fatto!
PULCINI DI LANA
Un gomitolo di lana gialla
Del cartoncino abbastanza spesso
Feltro arancione
Feltro nero
Colla tipo Vinavil
Un compasso
Un ago da lana
Usando il compasso, sul cartoncino disegnate due cerchi con il diametro di circa 6 cm e, all'interno, un forellino della larghezza di circa 2 cm. Tagliate le ciambelle che avrete in questo modo ottenuto (per il buco interno al posto della forbice potrete utilizzare un punteruolo) e procedete alla realizzazione del pon-pon che vi servirà per ottenere il corpo del pulcino. Sovrapponete i due cerchi e, dopo aver srotolato la lana gialla (il filo dovrà essere molto lungo) fatela passare con un ago da lana attraverso il forellino interno su tutta la superficie del cartoncino in modo da ricoprirlo completamente. A questo punto, con una forbicina da bagno, tagliate la lana lungo la circonferenza esterna infilando la lama tra la lana stessa e il cartoncino. Per evitare, però, che la lana fuoriesca dai cartoncini, bloccatela nel mezzo facendo passare la parte di filo che vi è rimasta tra il cartoncino interno e la lana in modo da creare una matassa legata al centro. Sfilate la ciambella di carta e sistemate il vostro pon-pon aggiustandolo, se serve, con le forbicine in modo da avere una specie di palla di lana. Procedendo nello stesso modo, realizzate, quindi, la testa (il diametro delle due ciambelle dovrà essere di circa 4 cm e, comunque, più piccolo rispetto a quello del copro) che potrete attaccare al copro usando della colla vinilica. Fate asciugare e procedete alla realizzazione degli occhi (con il feltro nero), il becco e le zampe (con il feltro arancione).
Alto svetta il campanile
Alto svetta il campanile
Sotto un cielo primaverile
Poi scampana allegramente
Per avvisare tutta la gente
Che c'è festa in tutto il mondo
Fin nel mare più profondo
Forte suona la campana
Nella valle più lontana
Per portare in ogni cuore
La certezza dell'amore.
Buona Pasqua!
Nei miei sogni ho immaginato
un grande uovo colorato.
Per chi era? Per la gente
dall'Oriente all'Occidente:
pieno, pieno di sorprese
destinate ad ogni paese.
C'era dentro la saggezza
e poi tanta tenerezza,
l'altruismo, la bontà,
gioia in grande quantità.
Tanta pace, tanto amore
da riempire ogni cuore.
Dall'uovo di pasqua
Dall'uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: "Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio".
E volteggiando
di qua e di là
attraversando
paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
"Viva la pace,
abbasso la guerra".
L'uovo arcobaleno
La mattina di Pasqua nel mio prato
un uovo arcobaleno ho trovato,
era un uovo profumato e strano
non più grande di una mano.
Quando l'ho aperto, con stupore
ho trovato sorprese d'ogni colore:
giallo il sorriso d'un cinesino,
rosso il canto di un algerino,
azzurro il sorriso di uno svedese,
verde la capriola di un portoghese,
violetta la danza di mille bambine,
indaco i suoni di mille ocarine.
E arancione rotondo e paffuto
un sole caldo di benvenuto,
un sole caldo paffuto e rotondo
uguale per tutti i bimbi del mondo.
Nei giorni lontani, quando il mondo era tutto nuovo, la primavera fece balzare dalle tenebre verso la luce tutte le piante della Terra, e tutte fiorirono come per incanto.
Solo una pianta non udì il richiamo della primavera, e quando finalmente riuscì a rompere la dura zolla la primavera era già lontana...
- Fà che anch'io fiorisca, o Signore! - Pregò la piantina.
- Tu pure fiorirai - rispose il Signore.
- Quando? - chiese con ansia la piccola pianta senza nome.
- Un giorno... - e l'occhio di Dio si velò di tristezza.
Era ormai passato molto tempo, la primavera anche quell'anno era venuta e al suo tocco le piante del Golgota avevano aperto i loro fiori. Tutte le piante, fuorché la piantina senza nome.
Il vento portò l'eco di urla sguaiate, di gemiti, di pianti: un uomo avanzava fra la folla urlante, curvo sotto la croce, aveva il volto sfigurato dal dolore e dal sangue...
- Vorrei piangere anch'io come piangono gli uomini - pensò la piantina con un fremito...
Gesù in quel momento le passava accanto, e una lacrima mista a sangue cadde sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore bizzarro, che portava nella corolla gli strumenti della passione: una corona, un martello, dei chiodi... era la passiflora, il fiore della passione.