STAGIONE INVERNALE PARK HOTEL FOLGARIDA '09\'10
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ZAPPING....ELISA NEGROAMARO
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VENERDI' 19 MARZO SAN GIUSEPPE

Nella tradizione popolare, San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, è il santo protettore dei poveri e dei derelitti, poiché i più indifesi hanno diritto al più potente dei Santi.

In questo giorno, si ricorda la sacra coppia
di giovani sposi, in un paese straniero ed in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutata la richiesta di un riparo per il parto. Questo atto, che viola due sacri sentimenti: l'ospitalità e l'amore familiare, viene ricordato in molte regioni con l'allestimento di un banchetto speciale. Così in alcuni paesi della Sicilia, il 19 marzo di ogni anno, si usava invitare i poveri al banchetto di San Giuseppe. In questa occasione, un sacerdote benediva la tavola, ed i poveri erano serviti dal padrone di casa.
In alcune città, il banchetto veniva allestito in chiesa, e, mentre due sacerdoti servivano i poveri, un terzo predicava per nove volte, tante quante le pietanze che venivano servite.



San Giuseppe è anche il simbolo della castità, e quindi tutore delle ragazze da marito. Molti proverbi e poesie popolari contengono raccomandazioni a San Giuseppe, per trovare marito. Questo santo è una delle figure più care alle famiglie, ed è uno dei beati ritenuti più potenti per la concessione delle grazie.

Oltre a proteggere i poveri e le ragazze, San Giuseppe, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa.





La festa del 19 marzo è anche associata a due manifestazioni specifiche, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole.
Poiché la celebrazione di san Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di


Rappresentazione di San Giuseppe
in transito tra Maria e il Figlio.
Da una litografia di fine '80

purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni li scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa.
A Roma la preparazione delle zeppole, affiancate dai bignè di san Giuseppe, ha un fervore particolare. Nel passato, ad ogni angolo di strada era possibile trovare un banco di frittelle, e tutta la città era addobbata da decorazioni festive.
E' infatti con la festa di san Giuseppe che si saluta definitivamente l'inverno e si comincia a sentire il profumo della primavera, così le vicende stagionali e gli antichi riti si uniscono con la festosità e la devozione dei cristiani.




La favola di Biancaneve e i sette nani

Una volta, nel cuor dell'inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra, dalla cornice d'ebano.
E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue.
Il rosso era così bello su quel candore, ch'ella pensò:
"Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!"
Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e e dai capelli neri come l'ebano; e la chiamarono Biancaneve.
E quando nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un'altra moglie; era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza.

Aveva uno specchio magico, e nello specchiarsi diceva:
- Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispondeva: Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Ed ella era contenta, perché sapeva che lo specchio diceva la verità.
Ma Biancaneve cresceva, diventava sempre più bella e a sette anni era bella come la luce del giorno e ancor più della regina.
Una volta che la regina chiese allo specchio:
Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
lo specchio rispose: Regina, la più bella qui sei tu, ma Biancaneve lo è molto di più.
La regina allibì e diventò verde e gialla d'invidia.
Da quel momento la vista di Biancaneve la sconvolse, tanto ella odiava la bimba.
E invidia e superbia crebbero come le male erbe, così che ella non ebbe più pace né giorno né notte.
Allora chiamò un cacciatore e disse:
- Porta la bambina nel bosco, non la voglio più vedere. Uccidila, e mostrami i polmoni e il fegato come prova della sua morte -.
Il cacciatore obbedì e condusse la bimba lontano; ma quando estrasse il coltello per trafiggere il suo cuore innocente, ella si mise a piangere e disse:
- Ah, caro cacciatore, lasciami vivere! Correrò nella foresta selvaggia e non tornerò mai più -.
Ed era tanto bella che il cacciatore disse, impietosito:
- Và, pure, povera bambina-. "Le bestie feroci faranno presto a divorarti", pensava; ma sentiva che gli si era levato un gran peso dal cuore, a non doverla uccidere.
E siccome proprio allora arrivò di corsa un cinghialetto, lo sgozzò, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò alla regina come prova.
Il cuoco dovette salarli e cucinarli, e la perfida li mangiò, credendo di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve.

Ora la povera bambina era tutta sola nel gran bosco e aveva tanta paura che badava anche alle foglie degli alberi e non sapeva che fare.
Si mise a correre e corse sulle pietre aguzze e fra le spine; le bestie feroci le passavano accanto, ma senza farle alcun male.
Corse finché le ressero le gambe; era quasi sera, quando vide una casettina ed entrò per riposarsi.
Nella casetta tutto era piccino, ma lindo e leggiadro oltre ogni dire.
C'era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini.

Lungo la parete, l'uno accanto all'altro, c'eran sette lettini, coperti di candide lenzuola.
Biancaneve aveva tanta fame e tanta sete, che mangiò un po' di verdura con pane da ogni piattino, e bevve una goccia di vino da ogni bicchierino, perché non voleva portar via tutto a uno solo.
Poi era così stanca che si sdraiò in un lettino ma non ce n'era uno che andasse bene: o troppo lungo o troppo corto, finchè il settimo fu quello giusto: ci si coricò, si raccomandò a Dio e si addormentò. A buio, arrivarono i padroni di casa: erano i sette nani, che scavavano i minerali dai monti.
Accesero le loro sette candeline e, quando la casetta fu illuminata, videro che era entrato qualcuno; perché non tutto era in ordine, come l'avevan lasciato.
Il primo disse:
- Chi si è seduto sulla mia seggiolina?-
Il secondo: - Chi ha mangiato dal mio piattino?-
Il terzo: - Chi ha preso un po' del mio panino?-
Il quarto: - Chi ha mangiato un po' della mia verdura?-
Il quinto: - Chi ha usato la mia forchettina?-
Il sesto: - Chi ha tagliato col mio coltellino?-
Il settimo: - Chi ha bevuto dal mio bicchierino?-
Poi il primo si guardò intorno, vide che il suo letto era un po' ammaccato e disse:
- Chi mi ha schiacciato il lettino?-
Gli altri accorsero e gridarono: - Anche nel mio c'è stato qualcuno -.
Ma il settimo scorse nel suo letto Biancaneve addormentata.
Chiamò gli altri, che accorsero e gridando di meraviglia presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve.
– Ah, Dio mio! ah, Dio mio! – esclamarono: - Che bella bambina! –
Ed erano così felici che non la svegliarono e la lasciarono dormire nel lettino.
Il settimo nano dormì coi suoi compagni, un'ora con ciascuno; e la notte passò.
Al mattino, Biancaneve si svegliò e s'impaurì vedendo i sette nani.
Ma essi le chiesero gentilmente: - Come ti chiami?- Mi chiamo Biancaneve,- rispose. – Come sei venuta in casa nostra?- dissero ancora i nani.
Ella raccontò che la sua matrigna voleva farla uccidere, ma il cacciatore le aveva lasciato la vita ed ella aveva corso tutto il giorno, finchè aveva trovato la casina.
I nani dissero: - Se vuoi curare la nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e far la calza, e tener tutto in ordine e ben pulito, puoi rimanere con noi, e non ti mancherà nulla.
– Sì,- disse Biancaneve,- di gran cuore-.

E rimase con loro.
Teneva in ordine la casa; al mattino essi andavano nei monti, in cerca di minerali e d'oro, la sera tornavano, e la cena doveva essere pronta. Di giorno la fanciulla era sola. I nani l'ammonivano affettuosamente, dicendo:
- Guardati dalla tua matrigna; farà presto a sapere che sei qui: non lasciar entrare nessuno. Ma la regina, persuasa di aver mangiato i polmoni e il fegato di Biancaneve, non pensava ad altro, se non ch'ella era di nuovo la prima e la più bella; andò davanti allo specchio e disse:
- Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispose: - Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
La regina inorridì, perché sapeva che lo specchio non mentiva mai, e si accorse che il cacciatore l'aveva ingannata e Biancaneve era ancora viva.
E allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla: perché, s'ella non era la più bella di tutto il paese, l'invidia non le dava requie.

Pensa e ripensa, finalmente si tinse la faccia e si travestì da vecchia merciaia, in modo da rendersi del tutto irriconoscibile. Così trasformata, passò i sette monti, fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò:
- Roba bella, chi compra! chi compra!- Biancaneve diede un'occhiata dalla finestra e gridò:
- Buon giorno, brava donna, cos'avete da vendere?
– Roba buona, roba bella,- rispose la vecchia,- stringhe di tutti i colori -. E ne tirò fuori una, di seta variopinta.
"Questa brava donna posso lasciarla entrare", pensò Biancaneve; aprì la porta e si comprò la bella stringa.
– Bambina, - disse la vecchia,- come sei conciata! Vieni, per una volta voglio allacciarti io come si deve-.
La fanciulla le si mise davanti fiduciosa e si lasciò allacciare con la stringa nuova: ma la vecchia strinse tanto e così rapidamente che a Biancaneve mancò il respiro e cadde come morta.
– Ormai lo sei stata la più bella,- disse la regina, e corse via.
Presto si fece sera e tornarono i sette nani: come si spaventarono, vedendo la loro cara Biancaneve stesa a terra, rigida, come se fosse morta!
La sollevarono e, vedendo che era troppo stretta alla vita, tagliarono la stringa.
Allora ella cominciò a respirare lievemente e a poco a poco si rianimò.
Quando i nani udirono l'accaduto, le dissero:
- La vecchia merciaia altri non era che la scellerata regina; sta' in guardia, e non lasciar entrare nessuno, se non ci siamo anche noi.
Ma la cattiva regina, appena arrivata a casa, andò davanti allo specchio e chiese:
- Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose:
- Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A queste parole, il sangue le affluì tutto al cuore dallo spavento, perché vide che Biancaneve era tornata in vita.
"Ma adesso,. pensò,- troverò qualcosa che sarà la tua rovina"; e, siccome s'intendeva di stregoneria, preparò un pettine avvelenato. Poi si travestì e prese l'aspetto di un'altra vecchia. Passò i sette monti fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò:
- Roba bella! roba bella! –
Biancaneve guardò fuori e disse:
- Andate pure, non posso lasciar entrare nessuno.
– Ma guardare ti sarà permesso,- disse la vecchia; tirò fuori il pettine avvelenato e lo sollevò.
Alla bimba piacque tanto che si lasciò sedurre e aprì la porta.
Conclusa la compera, la vecchia disse:
-Adesso voglio pettinarti per bene-.
La povera Biancaneve, di nulla sospettando, lasciò fare; ma non appena quella le mise il pettine nei capelli, il veleno agì e la fanciulla cadde priva di sensi.
– Portento di bellezza!- disse la cattiva matrigna: - è finita per te!- e se ne andò.
Ma per fortuna era quasi sera e i sette nani stavano per tornare. Quando videro Biancaneve giacer come morta, sospettarono subito della matrigna, cercarono e trovarono il pettine avvelenato; appena l'ebbero tolto, Biancaneve tornò in sé e narrò quel che era accaduto.
Di nuovo l'ammonirono che stesse in guardia e non aprisse la porta a nessuno.
A casa, la regina si mise allo specchio e disse:
- Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose:
- Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A tali parole, ella rabbrividì e tremò di collera.
– Biancaneve morirà,- gridò,- dovesse costarmi la vita -.
Andò in una stanza segreta dove non entrava nessuno e preparò una mela velenosissima.
Di fuori era bella, bianca e rossa, che invogliava solo a vederla; ma chi ne mangiava un pezzetto, doveva morire.
Quando la mela fu pronta, ella si tinse il viso e si travestì da contadina, e così passò i sette monti fino alla casa dei sette nani.

Bussò, Biancaneve si affacciò alla finestra e disse:
- Non posso lasciar entrare nessuno, i sette anni me l'hanno proibito.
- Non importa,- rispose la contadina,- le mie mele le vendo lo stesso. Prendi, voglio regalartene una.
- No,- rispose Biancaneve,- non posso accettar nulla.
- Hai paura del veleno?- disse la vecchia.- Guarda, la divido per metà: tu mangerai quella rossa, io quella bianca -.
Ma la mela era fatta con tanta arte che soltanto la metà rossa era avvelenata.
Biancaneve mangiava con gli occhi la bella mela, e quando vide la contadina morderci dentro, non potè più resistere, stese la mano e prese la metà avvelenata.
Ma al primo boccone cadde a terra morta.
La regina l'osservò ferocemente e scoppiò a ridere, dicendo:
- Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l'ebano! Stavolta i nani non ti sveglieranno più -.
A casa, domandò allo specchio:
- Da muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella ?
E finalmente lo specchio rispose: - Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Allora il suo cuore invidioso ebbe pace, se ci può esse pace per un cuore invidioso.

I nani, tornando a casa, trovarono Biancaneve che giaceva a terra, e non usciva respiro dalle sue labbra ed era morta. La sollevarono, cercarono se mai ci fosse qualcosa di velenoso, le slacciarono le vesti, le pettinarono i capelli, la lavarono con acqua e vino, ma inutilmente: la cara bambina era morta e non si ridestò. La misero su un cataletto, la circondarono tutti e sette e la piansero, la piansero per tre giorni. Poi volevano sotterrarla; ma in viso, con le sue belle guance rosse, ella era ancora fresca, come se fosse viva. Dissero: - Non possiamo seppellirla dentro la terra nera,- e fecero fare una bara di cristallo, perché la si potesse vedere da ogni lato, ve la deposero e vi misero sopra il suo nome, a lettere d'oro, e scrissero che era figlia di re. Poi esposero la bara sul monte, e uno di loro vi restò sempre a guardia. E anche gli animali vennero a pianger Biancaneve: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella. Biancaneve rimase molto, molto tempo nella bara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l'ebano.
Ma un bel giorno capitò nel bosco un principe e andò a pernottare nella casa dei nani.
Vide la bara sul monte e la bella Biancaneve e lesse quel che era scritto a lettere d'oro.
Allora disse ai nani: - Lasciatemi la bara; in compenso vi darò quel che volete -.
Ma i nani risposero: - Non la cediamo per tutto l'oro del mondo
- Regalatemela, allora,- egli disse,- non posso vivere senza veder Biancaneve: voglio onorarla ed esaltarla come la cosa che mi è più cara al mondo.-
A sentirlo, i buoni nani s'impietosirono e gli donarono la bara.
Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle.
Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata, che Biancaneve aveva trangugiato, le uscì dalla gola.
E poco dopo ella aprì gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò nella bara: era tornata in vita.
-Ah Dio, dove sono?- gridò.
Il principe disse, pieno di gioia: - Sei con me,- e le raccontò quel che era avvenuto, aggiungendo: - Ti amo sopra ogni cosa del mondo; vieni con me nel castello di mio padre, sarai la mia sposa-.
Biancaneve acconsentì e andò con lui, e furono ordinate le nozze con gran pompa e splendore.
Ma alla festa invitarono anche la perfida matrigna di Biancaneve. Indossate le sue belle vesti, ella andò allo specchio e disse:
- Da muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Lo specchio rispose: - Regina, la più bella qui sei tu; ma la sposa lo è molto di più.
La cattiva donna imprecò e il suo affanno era così grande che non poteva più dominarsi. Dapprima non voleva assistere alle nozze; ma non trovò pace e dovette andar a vedere la giovane regina.
Entrando, riconobbe Biancaneve e impietrì dallo spavento e dall'orrore.
Ma sulla brace eran già pronte due pantofole di ferro: le portarono con le molle, e le deposero davanti a lei. Ed ella dovette calzare le scarpe roventi e ballare, finché cadde a terra, morta.
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IL BECCO DELL'ANITRA

Chi ha mangiato il becco dell'anitra, l'ho mangiato io, io, io

Chi ha mangiato il becco dell'anitra, l'ho mangiato io, io, io

Becco mio becco tuo becco becco guarda che becco!

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi

Chi ha mangiato le ali dell'anitra, le ho mangiate io, io, io

Chi ha mangiato le ali dell'anitra,
le ho mangiate io, io, io

Ali mie, ali tue ali, ali guarda che ali!

Becco mio becco tuo becco becco guarda che becco!

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi

Chi ha mangiato la coscia dell'anitra, l'ho mangiata io, io, io

Chi ha mangiato la coscia dell'anitra, l' ho mangiata io, io, io

Coscia mia coscia tua, coscia coscia guarda che coscia!

Ali mie, ali tue ali, ali guarda che ali!

Becco mio becco tuo becco becco guarda che becco!

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi

Vieni con noi a mangiare l'anitra vieni con noi, vieni con noi



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È morto Ping Ping, l’uomo più piccolo del mondo

Stando a notizie riportate anche sui quotidiani, Ping Ping (all’anagrafe He Pingping) sarebbe deceduto sabato pomeriggio a Roma. Si era sentito male due settimane fa mentre registrava le nuove puntate del programma mediaset lo “Show dei record“quando improvvisamente ha accusato forti dolori al petto e si è accasciato a terra. Trasportato in ospedale, vi è per due settimane, rimanendo in vita fino a sabato 13.03.2010, ma la notizia della sua morte è stata diffusa ad inizio settimana.

Ping Ping è stato, secondo il Guinness World Records, l’uomo più basso del mondo in grado di camminare, di soli 74,1 cm a causa dell’osteogenesi imperfetta ed era il terzo figlio di una famiglia della contea di Huade, nella città di Wulanchabu nella Mongolia Interna, regione autonoma della Cina Settentrionale.

Era di certo un personaggio amatissimo nel nostro Paese, con migliaia di fan club e pagine a lui dedicate, soprattutto su Facebook. Su richiesta della famiglia il suo corpo ritonerà in Cina dove sarà cremato.

CELEBRAZIONI DELLA PASQUA IN VATICANO

Marzo e aprile, mesi importanti per Papa Benedetto XVI, che celebrerà la sua quinta Pasqua da pontefice e festeggerà, pochi giorni dopo, anche il suo ottantatreesimo compleanno. Dal 17 febbraio, mercoledì delle Ceneri, gli impegni spirituali di Papa Ratzinger si fanno più fitti, per una Quaresima ricca di appuntamenti.



Ecco le date delle celebrazioni cui partecipa il Papa indicate nel programma del Vaticano per la Quaresima e Pasqua 2010.
17 febbraio, mercoledì delle Ceneri

Alle 16,30 il Santo Padre è nella basilica di Sant'Anselmo, per la Statio e la Processione Penitenziale. Poi alle ore 17, nella basilica di Santa Sabina, il Papa celebra la Santa Messa, benedizione e imposizione delle Ceneri



21 febbraio, prima domenica di Quaresima

Nella cappella Redemptoris Mater del palazzo Apostolico, alle ore 18, iniziano gli esercizi spirituali per la Curia Romana, che si concludono il 27 marzo



7 marzo, terza domenica di Quaresima

Il Papa effettua la visita pastorale alla parrocchia romana di San Giovanni della Croce. La Santa Messa è celebrata alle 9



25 marzo, giovedì di Quaresima
Il Papa incontra, in Piazza San Pietro alle 20.30 i giovani di Roma e del Lazio in preparazione della Giornata mondiale della gioventù.



28 marzo, domenica delle Palme

La Benedizione delle Palme, la Processione e la Santa Messa, sono celebrate in piazza San Pietro, alle ore 9.30



1 aprile, Giovedì Santo

Alle ore 9.30, nella basilica Vaticana, il papa celebra la messa crismale. Nel pomeriggio, inizia il triduo pasquale nella basilica di San Giovanni in Laterano: alle ore 17.30 si celebra la Santa Messa nella Cena del Signore



2 aprile, Venerdì Santo

Celebrazione della Passione del Signore nella cappella vaticana, alle ore 17. In serata, alle ore 21,15, il Papa presiede la tradizionale via Crucis al Colosseo.



3 aprile, Sabato Santo

Veglia Pasquale nella basilica Vaticana a partire dalle ore 21



4 aprile, domenica di Pasqua
Santa Messa in piazza San Pietro alle ore 10.30. In seguito il papa, dalla loggia centrale della basilica Vaticana, alle ore 12, dà la Benedizione "Urbi et Orbi"





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L'UOVO COME SIMBOLO DELLA PASQUA

"Nell'uovo di Pasqua che mai ci sarà?
C'è forse nascosta la felicità?
Apritelo piano se no, la per là,
la dolce sorpresa scappare potrà"
"Omne vivum ex ovo" usavano dire i romani. Simbolo dell’origine della vita, l'uovo è immancabile nei festeggiamenti della Pasqua. Ripercorriamone insieme la storia...

In tutto il mondo l’uovo è il simbolo della Pasqua. Dipinto o intagliato, di cioccolato o di zucchero, di terracotta o di cartapesta, l’uovo è parte integrante della ricorrenza pasquale e nessuno vi rinuncerebbe. Ma quanti di noi conoscono il significato autentico di questo simbolo?

Se quelle di cioccolato o di cartapesta hanno un’origine recente, le uova vere colorate e decorate hanno una storia antichissima, che affonda le sue radici nella tradizione pagana. Simbolo della vita che nasce, l’uovo cosmico è all’origine del mondo: al suo interno avrebbe contenuto il germe degli esseri. Presso i greci, i cinesi e i persiani l’uovo era anche il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno della vita.

Gli antichi romani usavano seppellire un uovo dipinto di rosso nei loro campi, per propiziarsi un buon raccolto. Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani vengono recepiti dalla nuova religione. La stessa festività pasquale, d’altro canto, risente di lontani influssi: cade, infatti, tra il 25 marzo e il 25 aprile, ovvero nella prima domenica successiva al plenilunio che segue l’eqinozio di primavera. La Pasqua, insomma, si festeggia proprio nel giorno in cui si compie il passaggio dalla stagione del riposo dei campi a quella della nuova semina e quindi della nuova vita per la natura.

Anche in occasione della Pasqua cristiana, dunque, è presente l’uovo quale dono augurale, che ancora una volta è simbolo di rinascita, ma questa volta non della natura bensì dell’uomo stesso, della resurrezione di Cristo: il guscio è la tomba dalla quale Cristo uscì vivo.


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COSA ACCADE IL GIORNO DI PASQUA NEL MONDO....

I paesi nordici accolgono la Pasqua festeggiando anche l’arrivo della primavera. In Svezia e Finlandia la domenica delle Palme si benedicono dei rami di pioppo bianco con le gemme. Di origine medievale è

è il rito che i bambini compiono la settimana prima della Pasqua: si vestono da streghe e distribuiscono le loro letterine in cambio di caramelle. Cibo caratteristico delle festività pasquali in Finlandia è il "Pasha" a base di formaggio e il "Mammi", un budino di segale.

In Svezia si mangiano uova sode colorate. In Danimarca le case vengono ornate con rami fioriti e uova dipinte, la domenica di Pasqua l’intera famiglia si riunisce per un buffet freddo e ai bambini viene regalato il coniglio di cioccolato.

Le campane delle chiese in Francia restano silenziose fino il venerdì Santo in segno di dolore per Gesù Crocefisso. Ai bambini si racconta che queste volino via verso Roma per poi tornare la domenica della Santa Pasqua. Quando risuonano dai campanili i più piccoli cominciano la ricerca delle uova di cioccolato nascoste dai genitori prima dei festeggiamenti.

I fuochi di Pasqua bruciati a mano con pezzi di legno o con una grande lente sono un’usanza tedesca. In Germania, infatti, è accesa la fiamma del "fuoco sacro" come tradizione pasquale, mentre le ceneri sono disseminate negli orti dai contadini, sono l’augurio propiziatorio per il raccolto. Dolci e pietanze tipiche della festa sono l’agnello e l’uovo di cioccolato, donato ai bambini da un coniglietto chiamato "Osterhase".

In Israele si festeggiano due eventi: la Pasqua cristiana e la festa ebraica del "Passah". Durante la settimana santa si svolgono processioni e si ripercorrono le tappe della Vita Crucis. La festa ebraica del "Passth" ha inizio il giovedì prima di Pasqua e ricorda l’esodo degli ebrei in Egitto e ha la durata di sette giorni.

La Pasqua in Russia si celebra con una processione attorno alla cattedrale della città di Sargorsk, dove risiede il pope di tutta la Russia. La domenica tutta la famiglia si riunisce e organizzano un picnic sulla tomba di un parente morto e la sera si prepara un banchetto con diversi tipi di carni, pesce e funghi.

La Grecia festeggia la Pasqua con riti greco-ortodossi: ogni fedele accende in chiesa una candela che porterà con se a casa. In occasione della Pasqua è tradizione mangiare dolcetti, pane pasquale, uova colorate e la "Marghiritsa", una zuppa tipica pasquale fatta con l’agnello.

In Inghilterra durante le festività pasquali vengono rivolte particolari attenzioni a persone bisognose: ai poveri vengono donate delle offerte e gli anziani vengono aiutati nel lavaggio dei piedi. Il dolce tipico è rappresentato dagli "hot cross buns", piccole brioches fatte con uvetta e cannella e decorate con una croce fatta di glassa per ricordare la passione di Cristo.
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I SIMBOLI DELLA PASQUA

Nelle celebrazioni liturgiche di Pasqua tre elementi sorgono a simbolo di questa festività: il fuoco, il cero e l'acqua. Ma facciamo un piccolo passo indietro. Nel periodo che precede le festività pasquali, la Quaresima, un elemento è fra tutti il protagonista. La cenere

La cenere è l’elemento che contraddistingue il primo giorno di Quaresima, periodo di penitenza, digiuno e carità, in preparazione della Pasqua. La cenere che viene sparsa sul capo dei fedeli nelle celebrazioni del mercoledì dopo Martedì Grasso, vuole ricordare la transitorietà della vita terrena. È un monito che prepara alla penitenza per ricordare che "polvere tu sei e in polvere tornerai" come recita il libro della Genesi (3,19). Secondo la tradizione la cenere usata nelle celebrazioni del primo mercoledì di Quaresima, è ricavata dalla combustione dei rami di ulivo benedetti nella Domenica delle Palme dell’anno precedente.


Il fuoco
Simbolo fondamentale nella liturgia cristiana, il fuoco è la somma espressione del trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo e della vita sulla morte. Durante la ricorrenza pasquale questo simbolo raggiunge la massima celebrazione attraverso il rito del fuoco nuovo e dell’accensione del cero. Nella notte di Pasqua, un fuoco viene acceso fuori la chiesa, intorno ad esso si raccolgono i fedeli e proprio da questo fuoco viene acceso il cero pasquale.


Il cero
Il cero pasquale è il simbolo di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. La sua accensione rappresenta la resurrezione di Cristo, la nuova vita che ogni fedele riceve da Cristo e che, strappandolo alle tenebre, lo porta nel regno della luce assieme agli angeli. Dopo l'accensione del cero con il fuoco nuovo una processione lo accompagna all’interno della Chiesa. Questa processione di fedeli simboleggia il nuovo popolo di Dio, che segue Cristo risorto, luce del mondo.


L'acqua
E' l’elemento che purifica ed il mezzo attraverso il quale si compie il Battesimo. La notte di Pasqua è la notte battesimale per eccellenza, il momento in cui il fedele viene incorporato alla Pasqua di Cristo, che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita. Nelle altre domeniche in cui si compie questo sacramento è come se si prolungasse e rinnovasse settimanalmente la domenica per eccellenza, la Festa di Pasqua.

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COME SI CALCOLA .LA DATA DELLA PASQUA.

1) Secondo le norme stabilite dal Concilio di Nicea, la Pasqua deve cadere la domenica seguente la prima luna piena di primavera;

2) la data astronomica viene stabilita con i mezzi scientifici il più possibile accurati, ed è la prima domenica di luna piena dopo l'equinozio di primavera;

3) viene utilizzato come base per il computo il meridiano di Gerusalemme, luogo della morte e risurrezione di Cristo.
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SPECIALE PASQUA: IDEE PER DECORARE LE UOVA SODE...

Decorare le uova è divertente, ma anche mangiarle!
Ecco quindi una decorazione che rispetta l'uovo, perchè del tutto naturale... quindi
dopo averle colorate, potrete anche portarle in tavola per amici e parenti.
Importante: le uova sode vanno consumate entro 24 ore. Bimbi: chiedete l'aiuto di un adulto per realizzare queste uova.
Materiale occorrente:
vecchie collant o gambaletti anche smagliati, ma puliti
1 kg di cipolle rosse, rossissime
1 pentolino
acqua
uova fresche
aceto per sgrassare le uova
un pò di filo o dei chiudi pacco di quelli ricoperti, in fil di ferro
fiorellini o foglie decorative come quella di prezzemolo
elastici
Prendete un pentolino, sbucciate le cipolle rosse e mettete tutte le bucce (non le cipolle!) a cuocere per almeno mezz'oretta. Realizzate così un decotto: lasciate raffreddare, quindi filtrate l'acqua dalle bucce. Buttate le bucce e tenete l'acqua colorata, magari mettendola in una bottiglia di plastica fino a quando dovrete usarla, si conserva diversi giorni: avete così ottenuto un bel colorante naturalissimo per le uova.
Preparate le uova, che dovranno essere con il guscio molto chiaro. Tirate fuori dal frigo le uova da decorare con anticipo, in modo che non siano fredde al momento di cuocerle.
Lavatele bene e sgrassatele con aceto, prendete fiorellini o foglie piccole, leggere e carine, che avrete raccolto in giardino. Bagnatele o spennellatele con del bianco d'uovo (che avrà effetto colla!) e adagiatele con delicatezza sull'uovo: tutte le parti coperte dai fiori o dalle foglie saranno quelle che poi risulteranno disegnate. Non coprite tutto l'uovo, bastano due o tre foglioline/fiorellini. Ora prendete gli elastici e sempre molto delicatamente, date un giro in verticale e uno in orizzontale sull'uovo, prestando attenzione a non spostare le foglie e i fiori. In pratica, è come mettere un nastrino all'uovo, tipo pacchetto-regalo.
Recuperate le collant o i gambaletti, puliti, e tagliate un rettangolo sufficiente ad avvolgere bello stretto il vostro uovo decorato. Fermate il ciuffetto delle collant con del filo di cotone o con un fil di ferro, ben stretto.
Riprendete l'acqua che avete colorato con le bucce delle cipolle, che non deve essere fredda, così come il vostro uovo decorato non deve essere freddo: altrimenti si romperà per lo shock termico!
Immergete le uova nell'acqua colorata dalle cipolle, mettete sul fuoco basso e lasciate colorare e diventare sode le uova, per dieci minuti dall'inizio della bollitura. Poi spegnete, lasciate raffreddare. Tirate fuori le uova dall'acqua, togliete le collant, quindi l'elastico, quindi fiorellini e foglie.... sorprendente no?
Lucidate le uova con un batuffolo imbevuto di olio di oliva.
Oltre a fiori e foglie potrete usare anche adesivi di sagome di lettere o animali e disegni. Ancora, con gli elastici avvolti sull'uovo otterrete l'effetto righe, giocando con elastici di diversa larghezza.
Altri colori naturali
Potete ottenere risultati analoghi, ma di altri colori utilizzando:
- succo di rape rosse per uova rosse
- decotto di foglie di cavolo rosso per uova tra il viola e il blu
- decotto di foglie di edera, spinaci od ortiche per uova verdi
- zafferano, camomilla e cumino per uova gialle
Si possono usare al posto del decotto di cipolle, i colori alimentari, che si trovano nei supermercati nel reparto dei prodotti per fare i dolci: ma attenzione sempre ai coloranti, le cipolle rimangono più naturali e sicure... e più divertenti!
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COLOMBA PASQUALE CON LIEVITO NATURALE


Primo impasto
lievito naturale 175
zucchero 125
tuorli 100 (circa 5)
acqua 190
burro 135
farina manitoba 500


Prima di procedere dai un paio di rinfreschi al lievito naturale come si fa comunemente.
Quando il lievito e' pronto mettilo in una bacinella e stemperalo con l'acqua tiepida (27-28°), devi avvertire appena il tepore dell'acqua. Aggiungi lo zucchero e la meta' dei tuorli ed inizia ad amalgamare, dopo qualche minuto aggiungi la farina. Lavora il tutto fino a che l'impasto sia bene asciutto; unisci i restanti tuorli. Quando l'impasto ha assorbito i tuorli, lavora l'impasto fino a che diventa asciutto ed elastico, non si deve attaccare alle mani. Ammorbidisci il burro senza scioglierlo, ed incorporalo nell'impasto. Metti la pasta a lievitare fino a quando non avra' triplicato il volume, circa 12 ore o piu'.

Secondo impasto
Il primo impasto
zucchero 125
miele 10
acqua 50
tuorli 100
farina 00 250
sale 8
burro 125
canditi 250 (ti consiglio i cubetti di arancio)
vainiglia 1 pizzico

Metti in una bacinella il primo impasto e aggiungi lo zucchero, il miele, l'acqua e meta' dei tuorli.
Dopo qualche minuto aggiungi la farina, lavora il tutto e quando l'impasto e' bello asciutto incorpora i tuorli restanti. Lavora ancora e quando l'impasto prende nervo ed elasticita', aggiungi il sale, la vanillina, il burro sciolto e tiepido e successivamente i canditi. Dividi l'impsto in due e fai riposare per circa 45 - 60 minuti. Forma due pezzi e mettili negli stampi per colomba. Lascia lievitare per 4-5 ore.

Ghiaccia per la colomba
Mandorle dolci 30
Armelline 15 (sono simili alle mandorle, solo piu' amare e meno costose)
Zucchero semolato 150
Albume q.b.

Macina mandorle, ermelline e zucchero aggiungendo una parte di albume fino ad ottenere una pasta fine. Aggiungi albume fino ad ottenere una pasta spalmabile. Come attrezzo in pasticceria si utilizza la raffinatrice, tu puoi sostituirla con il moulinette o tritatutto, poi per un ulteriore raffinazione, stendi il composto su un piano di marmo o di acciaio e lo raffini utilizzando una bottiglia di vetro cilindrica come un matterello. Spalma la superficie della colomba con la ghiaccia; spargi sulla colomba delle mandorle intere e granella di zucchero. Spolvera con zucchero a velo prima di mettere la colomba in forno. Cuoci a una tempertura di 190° -200° in forno non ventilato per circa un'ora.
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SPECIALE PASQUA 2010

Sembra che il rituale della Pasqua sia molto antico e legato a un'origine pagana, cioè non cristiana, e nasce come motivo di ringraziamento e d’offerta sacrale delle primizie del campo e dell’orto.

Si pensa che già i Persiani, cinquemila anni fa, festeggiassero l'arrivo della primavera mangiando uova di gallina.

L'usanza di festeggiare il sacrificio e la resurrezione di Gesù venne quindi, nel secondo secolo, abbinato proprio alle feste di primavera; in questo periodo, inoltre, dopo le funzioni religiose, venivano distribuite ai fedeli uova benedette. La rinascita della natura dopo un inverno di desolazione e morte, era facilmente accostata alla resurrezione del Cristo che annunciava, a coloro che lo avevano accettato, una nuova vita.

Inizialmente, nella Bibbia, la Pasqua indicava l'agnello immolato dagli Israeliti in Egitto; essi avevano messo il suo sangue sugli stipiti e sull'architrave delle porte e avevano mangiato la sua carne. Grazie a questo sacrificio l'angelo distruttore era passato oltre gli Israeliti senza far loro del male (Pasqua deriva dal verbo ebraico Pèsach che significava passare oltre, proteggere, salvare) mentre i figli degli Egiziani furono colpiti a morte. Gesù per i Cristiani dovrebbe dunque rappresentare la nuova Pasqua, il nuovo veicolo di salvezza.

Per gli Ebrei, che non credono in Gesù come figlio di Dio e Salvatore dell'uomo, la Pasqua è una festa religiosa molto importante che ricorda la liberazione e la fuga degli Israeliti dall'Egitto.

La Pasqua si celebrava tra il 14 e il 15 del mese di "nissan", che corrispondeva all'equinozio di primavera nel calendario ebraico, rappresentando nello stesso tempo anche il principio dell'anno. Poi, come stabilì il Concilio di Nicea, la Pasqua cristiana venne regolata in modo che cadesse la domenica dopo il primo plenilunio di primavera, ma ciò fece sì che la Pasqua non coincidesse più con l'inizio dell'anno.
Inoltre la Pasqua, essendo legata al ciclo lunare e non ai mesi del calendario, è una festa "mobile" e non cade ogni anno nello stesso giorno (a differenza del Natale che è una festa "fissa" in quanto è celebrata sempre il 25 dicembre di ogni anno).

Per quanto riguarda le tradizioni pasquali, oggi, come allora, ritroviamo sulle tavole i segni del ringraziamento verso la natura, mescolati a simboli religiosi che ricordano gli eventi principali del Cristianesimo. La presenza del pane sulla tavola ha significato votivo, nel ricordo della discendenza dal sovrannaturale, prodigio della germinazione del grano, ricordo del pane azzimo (il pane senza lievito consumato dagli Ebrei in occasione della fuga dall’Egitto). L’uovo fa parte integrante della ricorrenza perché questo alimento è il simbolo della vita che si rinnova, un auspicio di fecondità.

All’uovo e al pane si ispirano le torte salate e le torte verdi della tradizione: come la torta pasqualina, antico piatto genovese, la torta di Pasqua al formaggio di origine umbra, la crescia di Pasqua marchigiana e le pizze al formaggio campane ripiene di uova, pecorino, farina e olio d’oliva, gli "aceddi cu l'ova" siciliani.

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METODO MONTESSORI

presupposto indispensabile per realizzare una scuola autenticamente montessoriana è quello della massima fiducia nell'interesse spontaneo del bambino, nel suo impulso naturale ad agire e conoscere.

Se è posto in un ambiente adatto, scientificamente organizzato e preparato, ogni bambino, seguendo il proprio disegno interiore di sviluppo e i suoi istinti-guida, accende naturalmente il proprio interesse ad apprendere, a lavorare, a costruire, a portare a termine le attività iniziate, a sperimentare le proprie forze, a misurarle e controllarle.

A questo principio l'adulto deve ispirare la sua azione e in particolare i due suoi compiti fondamentali:

saper costruire un ambiente suscitatore degli interessi che via via si manifestano e maturano nel bambino;

evitare, con interventi inopportuni, un ruolo di disturbo allo svolgimento del lavoro, pratico e psichico, a cui ciascun bambino va dedicandosi.



L'ambiente scolastico diventa ambiente di vita nel quale i bambini sono impegnati gioiosamente nel mantenimento dell'ordine, della pulizia, della bellezza.



Queste attività, definite appunto esercizi di vita pratica, hanno una funzione importante e significativa sia nella "Casa dei bambini" dove favoriscono il perfezionamento psico-fisico e la coordinazione dei movimenti, sia nella scuola elementare dove assume maggior rilievo la dimensione dell'autonomia responsabile e quindi della socialità.

La scelta metodologica montessoriana assegna all'insegnante un'assunzione di responsabilità circa i rischi collegati all'uso di materiali "reali".


Nella "Casa dei bambini" l'ambiente sarà:

proporzionato alle capacità motorie, operative e mentali dei bambini per essere attivamente utilizzato e padroneggiato;

ordinato e organizzato affinchè, attraverso punti di riferimento non discontinui, il bambino possa formarsi una propria visione della realtà che anche emotivamente abbia carattere di rassicurazione e certezza;

calmo e armonioso per favorire la libera espansione degli interessi e delle esperienze e una positiva dimensione psicoaffettiva necessaria al sorgere del sentimento di fiducia in sé e negli altri;

curato e ben articolato nei particolari anche per stimolare il bambino alla scoperta dell'errore e dell'autocorrezione;

attraente e bello affinché sia suscitato il naturale amore "estetico" del bambino verso tutto ciò che rivela qualità di gentilezza, di ordine, di gradevolezza, di cura e di attenzione.



POESIA PER LA FESTA DELLA DONNA

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni….
Però ciò che è importante non cambia; la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è a colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un'altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!!!

Madre Teresa di Calcutta

BUON 8 MARZO

Buon 8 marzo, a tutte le donne
A quelle che non hanno il dono di un sorriso
A quelle che non hanno una carezza sulla pelle
A quelle che non conoscono la dolcezza
A quelle che in silenzio subiscono la violenza.
A quelle che non possono sciogliersi i capelli al vento
Buon 8 marzo, a tutte le donne
A quelle che abbracciano con amore
A quelle che illuminano l’anima
A quelle che parlano dentro oltre lo sguardo
A quelle che sorridono con i colori dell’arcobaleno
A tutte quelle che danno energia alla libertà della vita

Corpo di donna ...

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.
Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.

Pablo Neruda
PERCHE' SI FESTEGGIA L' 8 MARZO.....

Le origini della festa dell'8 marzo risalgono al 1908.
Nei primi giorni di marzo, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton avevano dato inizio ad una serie di proteste contro le inumane condizioni in cui erano costrette a lavorare.
L'8 marzo il proprietario, Mr. Johnson, temendo azioni di sciopero e altre manifestazioni, bloccò le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Nello stabilimento scoppiò un incendio (forse doloso?) e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme.

Questo triste fatto diede il via, negli anni immediatamente successivi, ad una serie di celebrazioni che, nei primi tempi, erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.

Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, proprio in ricordo della tragedia in quella fabbrica americana.
Comunque esistono altre versioni della storia dell'8 marzo, ma il significato della celebrazione non cambia.

Anni dopo, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alle condizioni sociali, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle ingiustizie e delle sottomissioni che le donne dovettero subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il loro riscatto e la conquista della parità sociale rispetto agli uomini.

E' chiaro, quindi, il significato originario della celebrazione annuale dell'8 marzo come Festa delle Donne, anche se, in molte nazioni, questa data ha assunto ora anche aspetti meno impegnati e più frivoli.

Ma come si è arrivati ad associare la mimosa alla Festa delle Donne?
La scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo è stata fatta in Italia, esattamente nel 1946.
L’UDI (Unione Donne Italiane) stava preparando il primo "8 marzo" del Dopoguerra, e si pose il problema di trovare un fiore che potesse caratterizzare questa Giornata femminile.
C’era il precedente del garofano rosso per la festa del lavoratori il Primo maggio, che come simbolo aveva sempre funzionato bene, soprattutto negli anni del fascismo, durante i quali metterselo all’occhiello era un segnale inequivocabile, e non privo di rischi.
Alle donne romane piacquero quei fiori gialli dal profumo particolare, che avevano anche il vantaggio di fiorire proprio nel periodo giusto e non costavano tantissimo (... a quei tempi!).
E così la mimosa divenne da allora il fiore simbolo delle donne e dell'8 marzo.