Un marito, un fidanzato o un convivente uccide più di un incidente stradale, di una malattia, o di qualunque altro genere di disgrazia che possa capitare ad una donna. A dirlo è il dato, a dir poco tragico, secondo cui, nel mondo, la violenza subita dalle donne è la prima causa di morte o di invalidità per quelle che hanno un’età compresa tra i 16 e i 44 anni.
Numeri che parlano di un’emergenza silenziosa, che non fa clamore e che spesso, troppo spesso, rimane confinata all’interno delle mura domestiche dove vittime mute rispondono solo a chi usa il “linguaggio” delle mani. Il 25 novembre è la giornata in cui dovremmo ricordarci di quel silenzio e dare ad esso una voce.
La “Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne”, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999 per commemorare la vicenda di tre sorelle peruviane pugnalate nel 1960 dal dittatore Trujillo, ripropone ogni anno dati che fanno accapponare la pelle.
Secondo i numeri dell’Onu, infatti, si stima che nel mondo intero, una donna su cinque sia vittima di violenza o tentativo di violenza nel corso della sua vita. In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito nella sua vita l’aggressività di un uomo. Sei milioni 743 mila quelle che hanno dovuto sopportare violenza fisica e sessuale, secondo gli ultimi dati Istat.
Nel nostro Paese un milione e 400 mila ragazzine ha subito uno stupro prima dei 16 anni: oltre il 90% dei casi non è stato denunciato. E anche quando l’età sale un dato rimane invariato: quello di una violenza sommersa che, il più delle volte, non viene denunciata lasciando così impuniti gli orchi. Orchi che, nella maggior parte dei casi, vivono sotto lo stesso tetto delle loro vittime.
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