Haiti:piu' di 1000 morti di colera


NEW YORK, 16 novembre 2010 – I morti per il colera sono saliti a 1039, I contagiati sono piu’ di 17mila. Haiti e’ in ginocchio, e gli abitanti inferociti scendono in strada. Nell’isola caraibica, gia’ sconvolta dal terremoto dello scorso gennaio e adesso dall’epidemia, scoppiano le sommosse.
Due morti e decine di feriti il bilancio della rivolta dei manifestanti con caschi blu dell’Onu. Citta’ isolate e scontri che continuano senza tregua nei centri di Hinche e Cap Haitien. Le scuole sono chiuse e le autorita' raccomandano di non scendere in strada. Gli haitinani, disperati, sembrano convinti che il virus sia stato portato dai caschi blu nepalesi e hanno attaccato la sede Onu di Cap Haitien.

Dal Palazzo di Vetro negano fermamente, anche se riconoscono la presenza di alcuni problemi di igiene nella base nepalese. Le modalita’ degli scontri, scoppiati quasi in contemporanea, hanno rafforzato il sospetto che dietro ci sia una motivazione politica. Il 28 novembre nell’isola si terranno le elezioni per eleggere il presidente e il parlamento, e l’Onu teme che l’obiettivo sia proprio quello di creare una situazione di caos alla vigilia delle elezioni.

”Stiamo vivendo le conseguenze di due settimane di epidemia e dell’avvicinarsi del voto. La popolazione e’ spaventata”, ha detto Vincenzo Pugliese, portavoce della Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MINUSTAH).

La tragedia si e’ consumata quando i manifestanti hanno iniziato a lanciare sassi e bottiglie contro la sede MINUSTAH di Cap Haitien. Un giovane di venti anni e’ rimasto ucciso davanti alla base Onu da un colpo di fucile sparato dai caschi blu, e un altro giovane ha perso la vita durante gli scontri. “E’ stata legittima difesa”, ha detto Pugliese.

Al Palazzo di Vetro il portavoce del Segretario Generale Ban ki Moon ha confermato l’apertura di un’inchiesta che dovrà “fare luce sulle circostanze precise degli scontri”. “Siamo pronti a collaborare con la polizia haitiana per mantenere la sicurezza e l’ordine - ha aggiunto – C’e’ un clima di forte insicurezza e vogliamo proteggere il processo elettorale”.

Il colera non esplodeva da 50 anni nell’isola. Le persone, oltre a vivere ancora in situazioni critiche dopo il terremoto di gennaio, non sono preparate ad affrontare la malattia e non hanno nemmeno le informazioni di base. A Port au Prince circa un milione e 400 mila persone continuano a vivere nei campi di soccorso costruiti dopo il terremoto, e l’igiene, l’acqua potabile e i servizi sanitari sono spesso scarsi. Il colera ha colpito tutte e dieci le province dell’isola. Se l’epidemia non viene fermata potrebbe colpire fino a 200.000 persone e gli effetti sulla popolazione, allo stremo delle forze, sarebbero devastanti.
Le Nazioni Unite nei giorni scorsi hanno lanciato un appello chiedendo aiuti di emergenza per 164 milioni di dollari. L’organizzazione umanitaria Medici senza Frontiere, presente nell’isola con circa 100 medici e 400 volontari, e’ in prima linea nel curare gli ammalati ma le condizioni sono “disperate”, racconta il medico italiano Stefano Zannini “Le infrastrutture sono deboli - prosegue - ed e’ difficile assicurare acqua e medicine a tutti i malati. Non escudiamo di dover curare la gente per strada”.
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